«Non siamo mica a Palermo» Polemica sul giudice Ancona

Una bufera mediatica sfiora il giudice Carlo Ancona, uno dei magistrati più stimati del Tribunale di Trento prima e ora di Rovereto. Tutto ciò per una frase - oggettivamente infelice, ma pur sempre di una battuta stiamo parlando -  pronunciata in aula durante un’udienza del Tribunale del Riesame: «Avvocato, lei taccia, perché qua siamo in un posto civile, non siamo a Palermo» è la frase «incriminata» riportata, tra gli altri, dal sito di Repubblica online che cita un lancio dell’agenzia Adnkronos. L’episodio risale a martedì scorso ed è stato riferito ai media dall’avvocato Stefano Giordano, figlio del presidente del Maxiprocesso di Palermo Alfonso Giordano.

Ecco il racconto di Giordano, come riportato sul sito di Repubblica: «Il presidente del Tribunale del Riesame, il dottor Carlo Ancona - spiega Giordano, nel frattempo tornato a Palermo - nel condurre l’udienza con un indagato palermitano e con il sottoscritto come difensore, mi ha impedito di svolgere la mia arringa, proferendo la seguente frase: “Avvocato, lei taccia, perché qua siamo in un posto civile, non siamo a Palermo”. A questo punto ho chiesto, e solo dopo numerosi sforzi ho ottenuto, la verbalizzazione di quanto accaduto».

E ancora: «Manifesto la mia preoccupazione per quanto accaduto - ha detto Giordano -  in quanto avvocato, in quanto cittadino italiano e, soprattutto, in quanto palermitano - dice ancora Giordano - Ho già concordato con il presidente dell’Ordine di Palermo, l’avvocato Francesco Greco, di redigere insieme un esposto che sarà prontamente comunicato al Csm e alle altre autorità istituzionali competenti».

Con incredibile rapidità pare che la frase, stando a Repubblica, sia già approdata davanti al Cosiglio superiore della magistratura che, insieme ai disastri della giustizia italiana, dovrà dunque trovare il tempo anche per giudicare una frase infelice.

Da parte sua il giudice Ancona non appare per nulla intimorito dalla «tempesta perfetta» scatenata dall’avvocato Giordano  che in aula a Trento avrebbe applicato tempi di intervento, appunto palermitani. «Ho detto quella frase? Sì ho detto quella frase - spiega il giudice Carlo Ancona ai giornalisti  - ma non volevo assolutamente offendere la città di Palermo. Diciamo che il comportamento scorretto dell’avvocato mi ha fatto uscire questa frase. Toni fuori dal contesto e una sobrietà non proprio asburgica, alla quale noi siamo sicuramente più abituati, mi hanno portato a zittire l’avvocato in questo modo».

Sul caso interviene anche il presidente dell’Ordine degli avvocati di Trento, Andrea de Bertolini, che non si allinea ai colleghi palermitani, ma riporta la vicenda nella sua giusta dimensione: «Quanto accaduto, per come appreso, è un episodio infelice che, ritengo, possa essere stato l’esito di tensioni quali quelle che a volte le udienze penali possono generare; interessa un magistrato del quale, peraltro, il Foro ha sempre riconosciuto la grande preparazione e la dedizione al lavoro».

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