Dorigatti sotto «processo» per il suo No al referendum

Il presidente del Consiglio provinciale contrario alla riforma renziana della Costituzione. Nel Pd scatta il «procedimento disciplinare»

Dopo il referendum costituzionale volano ancora coltelli in casa Pd. Nei giorni scorsi si è assistito allo scontro a distanza tra il parlamentare Michele Nicoletti e il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti, «colpevole» di non essersi posizionato sulla linea renziana del sì.

Dorigatti, ex segretario provinciale della Cgil, si era espresso per il No, così come da posizione ufficiale del sindacato, preferendo però tenere un profilo molto basso. Insomma un No detto sottovoce, visto anche il ruolo istituzionale ricoperto.

Ora però, dopo la sconfitta di Renzi, siamo allo scontro aperto e i toni di voce nel Pd trentino si alzano.

«Assurdo vietarmi di avere altre idee» ha detto Dorigatti. Dichiarazioni raccolte dal nostro Angelo Conte.

«Quando un partito si richiama alla disciplina e non al dibattito politico verso chi ha una posizione diversa vuol dire che sta perdendo i suoi valori».

Bruno Dorigatti replica così all’azione di tre membri del Pd che hanno chiesto di “processare” anche lui - oltre a Vanni Scalfi, Fabiano Lorandi e Violetta Plotegher - per essersi allontanato dalla linea ufficiale del Pd sul referendum costituzionale.

«Premetto che un partito che si definisce democratico non può vietare di avere idee diverse» mette in evidenza Dorigatti. Il presidente del Consiglio provinciale chiarisce poi che «una cosa è promuovere delle iniziative a favore del No, altra cosa è dire quale sia la propria posizione.

Io, tra l’altro, l’ho fatto a richiesta dei giornalisti che me lo hanno domandato e ho risposto, cortesemente, che avrei votato per il No».

 

Il referendum ha dimostrato che c’è un forte disagio sociale su cui il nostro partito dovrebbe fare un riflessione

 

Le ragioni della scelta di Dorigatti sono note e affondano in ragioni legate alla sostanza della riforma costituzionale, poi bocciata dai cittadini italiani nel referendum del 4 dicembre, alla linea del partito imposta dal segretario nazionale ed ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

«Il mio No alla riforma costituzionale, che presentava degli aspetti che non mi hanno convinto - continua Dorigatti - alla fine è stata condivisa dal voto popolare sia in termini di larga partecipazione sia per come si è espressa la maggioranza».

Ma oltre a questo per Dorigatti, il voto al referendum «ha segnalato che per quanto riguarda i temi in ballo, ha dimostrato che c’è un forte disagio sociale su cui il nostro partito dovrebbe fare un riflessione.

Il voto al referendum è stato un voto politico che ha bocciato una linea sul lavoro portata avanti con una certa arroganza da Renzi».

Per Dorigatti «le disuguaglianze sono aumentate, il Jobs act non va e i voucher vanno tolti completamente. Invece di appellarsi alla disciplina di partito, occorre ritrovare l’unità di intenti per trovare delle soluzioni che ci permettano di recuperare il mondo del lavoro che abbiamo perduto».

Per Dorigatti l’iniziativa a livello disciplinare «finirà in una bolla di sapone. Si tratta solo di propaganda negativa che fa male a tutti i militanti e a chi lavora per il partito. È fuori dal mondo vietare di avere idee diverse».

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