Tagli alla sanità trentina: via venti strutture Nasce la figura del «coordinatore dell'integrazione»

di Luisa Maria Patruno

Domani la giunta provinciale approverà in via preliminare (e il 30 dicembre in via definitiva) un nuovo modello organizzativo dell’Azienda sanitaria che si presenta come una piccola rivoluzione che sarà operativa da gennaio 2017.

La struttura amministrativa verrà fortemente rivisitata e snellita con un risparmio stimato di 1,2 milioni di euro all’anno, risorse che potranno essere reimpiegate sui servizi sanitari.

La nuova organizzazione punta molto a realizzare l’integrazione tra ospedale e territorio e per questo verrà istituita la specifica figura del Coordinatore dell’integrazione fra ospedale e territorio , che andrà a sostituire il distretto sanitaro (oggi sono quattro), che si occupa di gestione dei servizi di assistenza sanitaria primaria a livello locale.

I nuovi coordinatori saranno cinque - nominati dall’Azienda - e dovranno svolgere il compito di garantire una continuità delle cure per il paziente tra l’assistenza ospedaliera e quella a livello territoriale, mentre ora tra ospedale e distretto c’è spesso un muro di incomunicabilità.

Il coordinatore avrà anche il compito di rapportarsi con i rappresentanti delle comunità e proporre soluzioni migliorative di integrazione tra ospedale, territori e servizi sociali.

Per quanto riguarda la riorganizzazione della struttura amministrativa dell’Azienda sanitaria, l’unica cosa a restare invariata è il vertice costituito dal consiglio di direzione, previsto dalla legge provinciale 16 del 2010, con il direttore generale Paolo Bordon e i tre direttori di sua nomina: direttore sanitario (Claudio Dario), direttore per l’integrazione socio sanitaria (Enrico Nava), direttore amministrativo (Tullio Ferrari).

Le 6 articolazioni organizzative fondamentali si dimezzeranno e diventeranno 3 : ospedali, territorio e prevenzione. Vengono ridefinite e accorpate anche quelle che oggi sono le 8 tecnostrutture .

L’Azienda conta oggi 21 strutture complesse amministrative più 5 dipartimenti, quindi in tutto 26 strutture apicali. La riorganizzazione prevede che tutte queste vengano ridotte a 6 . Saranno però istituite una cinquantina di posizioni di responsabili di uffici dislocate sul territorio destinate a far crescere i dipendenti più giovani.

Molti dei dirigenti delle strutture complesse oggi in carica stanno per andare in pensione e non saranno sostituiti e altri verranno ricollocati in ruoli diversi.

Le linee fondamentali di questa riorganizzazione sono state presentate ieri ai sindacati di categoria dall’assessore provinciale alla salute, Luca Zeni, e dal direttore generale dell’Azienda sanitaria, Paolo Bordon.

Dopo aver lavorato a una riorganizzazione della rete ospedaliera secondo il modello hub & spoke , ovvero con strutture ospedaliere di riferimento per procedure di alta complessità (Trento e Rovereto) e ospedali deputati all’erogazione di cure a minore complessità (Arco, Borgo Valsugana, Cavalese, Tione e Cles), ora l’Azienda ha fatto un’analisi delle cose che ancora non funzionano bene e una di queste è il ricorso all’ospedalizzazione che è molto più alta rispetto a quanto avviene nelle altre Regioni.

La Provincia di Trento è la seconda peggiore (dopo Bolzano) per tasso di ospedalizzazione tra le Regioni italiane. Il nostro tasso è 160 per mille residenti, mentre dovremmo essere a 140 che è la media nazionale. Il Veneto è al 130. Bordon ieri ha spiegato ai sindacati che questo dato si deve a un problema di rete di servizi che mancano. Si ricorre all’ospedale se non ci sono garanzie sufficienti o strutture alternative all’ospedale.

Rafforzare la logica territoriale, che oggi ha servizi seri ma confinati dentro le mura dei quattro distretti sanitari, si ritiene possa liberare il potenziale che c’è per poter essere più vicini alle comunità locali con servizi domiciliari e creando strutture intermedie, che ad esempio oggi mancano totalmente a Trento. Si tratta di strutture che possono ospitare il paziente che non è più in fase acuta e dunque non ha più necessità dell’ospedale, ma non è abbastanza autonomo da tornare a casa. Con l’aumento dell’anzianità della popolazione queste strutture assistenziali saranno sempre più necessarie.

L’idea della proposta di riorganizzazione è quella di lavorare in base a «processi trasversali su tutta la provincia» sia per quanto riguarda gli ospedali che sul territorio, con i Dipartimenti divisi per aree (medica, chirurgica per gli ospedali, oppure cure primarie sul territorio, salute mentale sul territorio, prevenzione, riabilitazione, per il territorio) per dare risposte omogenee il più possibile a favore di tutti, mentre oggi non è così.

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