Ricatto a luci rosse a ragazzina in chat
Si era messa a chattare con lui pensando di parlare con un coetaneo, invece dall’altra parte dello schermo c’era una persona molto più grande di lei che, prima le avrebbe promesso un telefono e una ricarica in cambio di fotografie da nuda e poi sarebbe passato al ricatto, minacciando di divulgare una sua immagine in intimo se lei non avesse assecondato le sue richieste.
Per questo un 26enne bolognese è finito a processo con l’accusa di adescamento di minore e tentata estorsione ai danni di una minorenne, una ragazzina che all’epoca dei fatti aveva solo 14 anni.
La vicenda, approdata davanti al Tribunale di Trento, risale al 2014 ed è purtroppo emblematica dei rischi che possono correre gli adolescenti quando finiscono nella rete di persone senza scrupoli che, una volta carpita la fiducia delle loro vittime e ricevute foto o filmati intimi, da amici diventano ricattatori.
Secondo quanto ricostruito dall’accusa l’imputato e la vittima sarebbe entrati in contatto su uno dei tanti siti di incontri disponibili nella rete. Uno spazio virtuale al quale la minore avrebbe deciso di accedere con l’intenzione di conoscere persone nuove. Ovviamente si tratta di incontri «al buio», visto che l’identikit dell’interlocutore non può essere facilmente verificato. In questo caso, tuttavia, secondo gli inquirenti, l’uomo si sarebbe approcciato alla vittima facendole credere di essere un suo coetaneo. La conversazione, però, avrebbe ben presto preso una piega spiacevole: l’imputato, infatti, avrebbe chiesto in modo esplicito alla ragazzina di inviargli foto sue nude. Di fronte al diniego, il giovane - come spesso accade - avrebbe cercato di fare cadere le resistenze della quattordicenne promettendole un telefono cellulare nuovo ed una ricarica da 50 euro qualora lei avesse ceduto alla richiesta.
Proprio per mettere fine a questa situazione, la ragazzina - seguendo anche il consiglio di adulti con i quali si era confidata - aveva deciso di disinstallare il programma relativo al sito di incontri.
Ma l’imputato non si sarebbe dato per vinto e l’avrebbe contattata anche attraverso WhatsApp. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, che hanno raccolto la denuncia della vittima, a tornare alla carica attraverso i messaggi sul cellulare sarebbe stata la stessa persona.
Il tenore delle richieste del giovane non era cambiato ma, capito che la ragazzina era decisa a non piegarsi alle sue richieste, avrebbe alzato l’asticella, passando dalla richiesta alle minacce. Stando al capo di imputazione, infatti, l’imputato avrebbe cercato di costringere la vittima a mandargli fotografie in biancheria intima o nuda, minacciando di divulgare altre immagini che la ritraevano in reggiseno e venute in suo possesso. Lui stesso le avrebbe spedito foto sconce. Ma la ragazzina ha tenuto duro e, nonostante i toni minatori - «se mi denunci vengo a casa tua e ti faccio passare la voglia di farlo» - ha raccontato tutto.