Professoressa discriminata, una nuova causa Il Sacro Cuore rischia di pagare altri 100 mila euro

La scuola, che non rinnovò il contratto alla docente perché sospettata di essere lesbica, era già stata punita con 25 mila euro

di Flavia Pedrini

L'Istituto Sacro Cuore, lo scorso giugno, venne condannato al pagamento di 25mila euro in favore di una docente, sospettata di essere lesbica, alla quale non venne rinnovato l'incarico a tempo determinato: per il giudice Michele Cuccaro, quell'insegnante, venne discriminata. La battaglia giudiziaria intorno a questa vicenda, che ebbe un'eco nazionale, proseguirà anche in appello.

Ad impugnare la sentenza di primo grado, però, non è stato l'istituto religioso, ma la stessa insegnante che, come spiega l'avvocato Alexander Schuster, benché soddisfatta di quanto stabilito dal Tribunale di Rovereto, vuole che un giudice riconosca anche «la discriminazione e la ritorsione subita dopo avere denunciato quanto accaduto». Un profilo che, in primo grado, non sarebbe stato preso in esame. Da qui la decisione di citare la scuola davanti ai giudici della Corte d'appello di Trento, presentando un conto di circa 100 mila euro (di fatto quanto venne chiesto già in primo grado).

La scuola, che in questi mesi ha preferito la linea del silenzio, di fronte al passo della controparte e preoccupata per l'effetto devastante che una simile somma avrebbe, ha deciso di rivolgersi ai genitori degli alunni, ai docenti e al personale non docente, con una lettera accorata scritta dal gestore dell'istituto, suor Ernestina Gatti. «La lettera era finalizzata solo a fare chiarezza con i genitori, che hanno diritto a sapere qualcosa in più rispetto a quanto è stato pubblicato dai giornali - spiega la religiosa - Se nascerà o meno qualcosa non lo so, è secondario, ma per me era giusto fare sapere qualcosa, stando nella verità».

Nella lettera viene in primis chiarito che il contenzioso giudiziario non è chiuso. «Il Sacro cuore, dato il clima sociale/politico sfavorevole ai valori in cui crede, ha deciso di non impugnare la sentenza che l'ha obbligato a risarcire chi non ha mai discriminato e offeso e ha corrisposto, nei tempi e nei modi quanto deciso dal Tribunale di Rovereto».

La controparte, però, ha impugnato la sentenza: «Siamo rimasti spiazzati, ci pareva di essere stati già penalizzati abbastanza» ammette a margine suor Ernestina Gatti. Ai destinatari viene dunque chiarito che la controparte «vuole molto, molto di più, soprattutto in termini economici, una cifra che taglierebbe testa e gambe alla scuola che si sostiene grazie all'apporto della Provincia e al dinamismo di una gestione più che oculata». Una richiesta, viene detto, «che non ha nulla a che vedere con la tensione educativa della scuola».

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