Csa Bruno, multa annullata e il «conto» al Comune

Niente sanzione da 3.000 euro per lo spaccio solidale

di Flavia Pedrini

Il Centro sociale Bruno ha vinto la sua battaglia sullo spaccio solidale: non solo la multa da oltre tremila euro per attività commerciale non autorizzata è stata annullata, ma i giudici di secondo grado, nel confermare la decisione, hanno accolto l'appello del gruppo e condannato il Comune di Trento a pagare le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio. 

Nel merito, i giudici di primo e secondo grado, hanno di fatto riconosciuto che le vendite venivano effettuate solo ai tesserati (che aderivano ai valori del Gas, il gruppo di acquisto solidale del Bruno) e quindi non avevano alcuno scopo commerciale e lucrativo che comportasse la necessità di una licenza. 

La vicenda finita davanti alla sezione civile del Tribunale di Trento risale al 2011. L'esperienza di acquisto solidale Gas (la cui attività è normata da un'apposita legge del 2007) era iniziata tre anni prima, attraverso gli ordini collettivi di prodotti biologici, molti dei quali a chilometri zero. A denunciare quello che ritenevano essere un vero e proprio «commercio abusivo», erano stati l'ex consigliere provinciale del Pdl, Giorgio Leonardi e gli esponenti della Lega Nord, che avevano chiesto la chiusura dello spaccio solidale.  

Secondo quanto accertato dalla polizia municipale a fine aprile 2011, all'interno del Bruno sarebbe stato attivato «un negozio di vicinato di generi alimentari senza aver presentato la prescritta dichiarazione di inizio di attività a Comune di Trento competente per territorio». Per questo, uno dei responsabili del Gas del Csa Bruno - Milo Tamanini - era stato raggiunto da un verbale di accertamento di violazione amministrativa. 

Il gruppo, nel corso di una conferenza stampa, era stato però chiaro: «Non pagheremo la multa. Il Comune ha preso un abbaglio. Non si tratta di compravendita, bensì di acquisto collettivo - avevano spiegato - Ogni persona paga un prodotto, tale pagamento altro non è che il corrispettivo del prezzo di acquisto del prodotto direttamente dal produttore, inoltre vi è una tessera di adesione al Gas del prezzo di cinque euro che serve a finanziare le spese di trasporto sostenute dal gruppo, senza nessun margine o ricarico». Ordini e distribuzione dei prodotti venivano invece fatti a titolo di volontariato.

Da qui la decisione di impugnare, attraverso gli avvocati Nicola Canestrini e Giovanni Guarini, l'ordinanza ingiunzione del 3 giugno 2014 emessa dal Comune a carico di Tamanini, pari a 3000 euro. E il giudice di pace di Trento aveva annullato la sanzione, ritenendo la contestazione amministrativa infondata, compensando però le spese di lite. Sul punto il Csa Bruno ha presentato appello e palazzo Thun, nel chiedere che venisse respinto, ha chiesto a sua volta al Tribunale civile di riformare nel merito la decisione di primo grado. Ma il giudice Marco Tamburrino ha respinto l'appello incidentale. «Il giudicante - si legge - rileva che è risultato nei fatto che, seppur veniva acquistata anche da soggetti terzi la merce alimentare venduta dal centro con relativo corrispettivo gli stessi venivano poi invitati ad essere tesserati ed ad associarsi».

Il Tribunale civile, come detto, ha invece accolto l'appello del Csa Bruno e ha condannato il Comune di Trento a pagare le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio (oltre 3000 euro).

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