Quando il futuro abita nel passato

Quando il futuro abita nel passato

di Alberto Faustini

Era la fine del 1994. Lasciavo questo giornale per navigare in altri mari, per scoprire altri venti. In centinaia di articoli avevamo raccontato per oltre due anni Tangentopoli e la fine del mondo com’era, per usare una bella frase che la grande scrittrice Toni Morrison avrebbe utilizzato molti anni dopo, per descrivere l’11 settembre.

Qui in Trentino l’11 settembre c’era già stato: in quegli anni che videro simbolicamente cadere più di una torre. Crollava la Dc. Cadeva - sotto il peso delle inchieste di giovani magistrati promettenti - un principe che sembrava invincibile come Mario Malossini. Facendo meno rumore, cadevano molte altre teste: potere e sottopotere finivano nel fango. Il Patt di Carlo Andreotti conquistava le chiavi del Palazzo di piazza Dante: la prima volta di un non democristiano. In Comune, il giovane Lorenzo Dellai e il giovane assessore Silvano Grisenti - insieme ad altri che hanno lasciato segni più o meno indelebili nella piccola storia comunale o provinciale - facevano faville. I politici più sottili cercavano di superare la forma partito: iniziava la stagione delle civiche, dei sindaci. Arrivava l’onda berlusconiana. Una rivoluzione. Un ponte levatoio che si chiudeva sul passato per spalancarsi sugli anni dell’incertezza e poi su una sostanziale tenuta (ritorno?) del sistema.

Ebbene, torno alla guida de l’Adige 25 anni dopo, e chi ti trovo sulla scena? Silvano Grisenti e Mario Malossini. Entrambi in prima fila. Che si tratti di costruire l’alleanza che sostiene la presidenza del leghista Fugatti o la danza col leader dei popolari europei e presidente in pectore della Commissione europea, Manfred Weber, in vista delle elezioni del 26 maggio. Un finale (finale?) del genere non sarebbe venuto in mente nemmeno a Tomasi di Lampedusa: un capitolo del Gattopardo sembra scritto a Trento. Tutto cambia perché nulla cambi.

Nemmeno le inchieste della magistratura o il voto di elettori che pensavano d’aver cambiato tutto, in particolare nel marzo e nell’ottobre dello scorso anno, sono riusciti a far nascere una nuova classe dirigente. Certo, in Provincia siede Fugatti (che è comunque entrato alla Camera la prima volta nel 2006) e in piazza Dante e in Parlamento i volti nuovi non mancano. E sarà così anche dopo le suppletive, visto che una nuova generazione (fin troppo nuova?) si sta affacciando. Ma certi volti e certi nomi restano.

E la nuova stagione, così, rischia di non iniziare mai.

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