La scuola on line non può bastare

La scuola on line non può bastare

di Loris Taufer

La signora è davanti a me, in coda all’esterno del supermercato. Con lei c’è il figlio, probabilmente iscritto alle medie. Un signore anziano chiede come va e se il ragazzo si stufa, a casa. Lei risponde di no, che c’è la scuola online e poi… «ci facciamo le coccole».

La chiusura delle scuole e la lunga quarantena alla quale sono sottoposti, fra gli altri, i ragazzi e gli adolescenti, è un grosso problema. Fra il resto in un contesto, quello italiano, dove da sempre i ragazzi sono iper-protetti dalle famiglie, con genitori ansiosi che tendono a sostituirsi a loro, persino nei compiti e nelle consegne a casa. Figuriamoci cosa può succedere adesso per questi giovani senza i momenti di socializzazione col gruppo dei pari a scuola: occasione, questa, essenziale per emanciparsi dai genitori e costruire - anche attraverso fallimenti ed errori - il proprio percorso autonomo, individuale e collettivo, di crescita.

Per fortuna ci sono Internet ed i social, che suppliscono, in maniera virtuale, a tale bisogno di comunità fra coetanei. E gli esperti dicono che, pur in questa situazione inedita e grave, i ragazzi si dimostrano alla fine molto adattabili e flessibili, attenti alle regole e più in grado degli adulti di cogliere le novità, anche nel nuovo modo di fare scuola via web.
La crisi del Covid-19 ha dato una accelerazione ai processi di informatizzazione, che, col ritorno, quando sarà possibile, alla scuola in presenza, dovranno trovare una loro funzione specifica, accanto e non in sostituzione, alla relazione educativa, che rimane essenziale, tra docenti e studenti.

Però c’è un elemento che va salvaguardato, sia adesso, nel momento di straordinarietà scolastica che stiamo vivendo, sia per il futuro, là dove potrebbero realizzarsi nuove peculiarità nel modo di far scuola. Ed è il fatto che per realizzare un vero e proprio processo formativo è necessario coltivare nel discente la dimensione della “meraviglia” di fronte ad ogni nuova avventura conoscitiva. È essenziale che ciò che si deve apprendere diventi “problema”, se ne riconosca i contorni di non-conoscenza, si salvaguardino le possibilità “generative” di ulteriori domande e di diverse traiettorie di approfondimento.

Aristotele diceva che solo “chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere”; e per l’apprendimento di una determinata scienza “tutti cominciano dal meravigliarsi che le cose stiano in un determinato modo”. Affinché questo avvenga, bisogna che chi apprende non aderisca completamente, acriticamente, al contesto dentro cui è posto: si deve fare in modo che il reale non sia qualcosa di scontato. È necessario operare un lieve distaccamento, introdurre un minimo di distanza tra noi e il nostro ambiente, in modo che l’esistente diventi “oggetto” di osservazione e che noi abbiamo occhi per “vedere” questa realtà.

Ma come è possibile salvaguardare la meraviglia “nell’eterno presente dell’on-line”, nell’obbligo di essere “permanentemente connessi”, proprio dei nostri ragazzi e delle nostre comunità virtuali? Come si riesce ad attivare uno spazio dell’apprendimento generativo della scuola sul web, dove, magari, la preoccupazione preminente è quella di dare risposta “im-mediata” alle consegne? E l’ansia dei genitori nell’ambiente domestico che tendono sempre a risolvere le difficoltà dei figli, permettono ai ragazzi di crescere sul piano educativo, proprio perché sono chiamati a fare i conti con questioni che vengono riconosciute, fino in fondo, come “problema”?

Questo non è facile da perseguire nella scuola in presenza. Oggi, nella scuola on-line, è indubbiamente ancora più difficile da realizzare. Però è fondamentale che questa peculiarità dell’apprendimento, vero e trasformativo, venga assolutamente salvaguardata: adesso e nella nuova fase scolastica che si aprirà da settembre in poi. Inoltre, in tempi in cui si è chiamati a fare i conti con urgenze (anche obsolete!) di “programmi” scolastici non realizzati e di obiettivi non conseguiti, sarebbe quanto mai utile dare attuazione, nei differenti campi del sapere, a quelle che un pedagogista italiano di stampo fenomenologico, Piero Bertolini, chiamava “direzioni intenzionali originarie”. Cioè riuscire a definire e proporre ai ragazzi - attraverso i nuclei essenziali delle diverse discipline - delle “strutture portanti dell’esperienza educativa, che siano tali proprio in quanto permangono nel tempo e nella storia, anche se costantemente esposte al rischio dell’occultamento e della deviazione”.

In definitiva delle essenziali direzioni di marcia, attuate sul piano dei diversi saperi, che contribuiscono alla crescita ed alla autonomia dei nostri giovani. Fra il resto, proprio per lavorare in questa logica e indicare una prospettiva di speranza e di entusiasmo, fondamentale rimane la funzione che ha la scuola nella valorizzazione dell’Autonomia speciale della nostra Regione. Proporre ai nostri ragazzi un forte senso di appartenenza a questa comunità, con le conseguenze inevitabili sul piano della responsabilità e dell’impegno a favore del bene comune, non può che avere conseguenze positive e di fiducia da parte dei giovani, ai quali è demandato il futuro della nostra terra.

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