Non solo gli "eroi" diventino italiani

Non solo gli "eroi" diventino italiani

di Lorenzo Dellai

Il Governo intende dare la cittadinanza italiana “per meriti speciali” al giovane Rami, nato in Italia da genitori egiziani, che ha concorso a sventare l’attentato contro il bus scolastico nel Milanese. Giusto. Ma chiediamoci: quanti sono i ragazzi “italiani” figli di stranieri che vivono regolarmente in Italia, si comportano bene, studiano o lavorano e non hanno la cittadinanza italiana?

Si tratta di un problema di grande impatto. Sono le “seconde generazioni” di cui si parla troppo poco e spesso in modo superficiale.
Ne ha scritto sulla stampa locale, in modo semplice, accorato e inappuntabile, il mio giovane amico Youness Et Tahiri. Il quale ha anche avanzato una preoccupazione non banale: questi giovani rischiano di non potersi sentire né pienamente italiani né pienamente stranieri.

Sono, in realtà, tutte due le cose assieme. “Stranieri” perché portatori della cultura della propria famiglia di origine; “italiani” perché nati in Italia e ormai definitivamente inseriti nella nostra comunità da ogni punto di vista.
Questa loro situazione paradossale può portare ad un effetto devastante, in prospettiva: la crescita dentro le nostre comunità di enclave di giovani che si sentono tutt’al più tollerati ma non pienamente accettati quali membri attivi e partecipi della nostra società, come invece, di fatto, essi già sono.

I “meriti speciali” evocati dal Governo nel caso di Rami, in una tale situazione, possono essere confinati ai casi di “eroismo” mediaticamente rilevanti?
Non è un “merito speciale” anche quello di svolgere semplicemente il proprio compito di giovani cittadini nel Paese nel quale si è nati, figli di immigrati?

Aver fatto abortire, nella scorsa Legislatura - per timori elettorali o per contrarietà ideologica -  la proposta di Legge nota come “ius soli” è stato, in questo senso, un grande errore.
Oltretutto non si trattava di un vero “ius soli”, ma piuttosto di uno “ius culturale”, con il diritto alla cittadinanza per i minorenni subordinato non semplicemente alla nascita in Italia, ma anche al possesso di alcuni fondamentali requisiti soggettivi ed oggettivi, come frequenza scolastica e condizioni di regolarità ed inserimento sociale della famiglia.

È stato un errore che non ha aiutato la nostra comunità a ragionare, con pacatezza e con lungimiranza, sul suo stesso interesse.
Scriveva Zigmunt Bauman nel 2012: «La grande questione che influenzerà l’avvenire d’Europa è quale di questi due dati di fatto finirà per prendere il sopravvento: il ruolo di salvatori assunto dagli immigrati in una Europa che invecchia rapidamente (ruolo che nessun politico o quasi osa riconoscere apertamente) oppure l’ascesa di sentimenti xenofobi, incoraggiata ed assistita da un potere politico ben contento di convertirli in voti?».

Urge, per il futuro della nostra democrazia (e anche della nostra sicurezza) una Politica dotata di spina dorsale, valori e visione, capace di far riflettere la comunità su queste tematiche.
Senza pregiudizi da “fortezza assediata” e senza buonismi di maniera: semplicemente con la razionalità e l’umanità che sono l’alfa e l’omega della buona politica.

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