Comunicare bene in modo plurale

Comunicare bene in modo plurale

di Paolo Cagol

Giovedì scorso, presso la Cisl di Trento, è stato presentato il manifesto della comunicazione «Erethica». In questo intervento Paolo Cagol, segretario Fim, ne illustra gli obiettivi.

Internet e smartphone, come prima stampa, radio e televisione, hanno modificato modi, tempi e codici della comunicazione di massa. Immediatezza, disintermediazione e possibilità di interagire online creano nuove opportunità alla diffusione del sapere e alla condivisione delle informazioni, ma allo stesso tempo espongono a rischi inediti: viralità delle fake-news, aggressività dialettica, ingegnerizzazione dell'informazione a fini manipolatori, rifiuto dell'approfondimento a favore della semplificazione dei contenuti, distorsione del dato oggettivo e, non ultima, la questione della sicurezza e della privacy nel trattamento dei dati che forniamo alla rete.

Ridondanza e contraddittorietà delle fonti rendono sempre più difficile distinguere tra reale e realistico, tra consapevolezza e percezione; forme di conoscenza solitarie e biografiche e una condizione sociale caratterizzata da un profonda perdita di fiducia nei confronti del sapere tecnico e scientifico, prestano il fianco ad operazioni di consenso guidato da un'ingegneria del contenuto che confeziona informazioni e contenuti con già al proprio interno una loro «morale della favola», utile a polarizzare ma ben poco a far comprendere. 

Nell'era 2.0 dei giovani nativi digitali, con cui cessa la classica distinzione tra chi comunica per informare/ influenzare e chi viene informato/ influenzato ascoltando, ciascuno può essere protagonista, catalizzatore e vettore di messaggi che impattano in modo rilevante non solo sui comportamenti sociali e commerciali delle masse, sull'indirizzo culturale dell'opinione pubblica, sull'orientamento politico degli elettorati, ma anche sulla natura, la qualità e la profondità delle relazioni interpersonali all'interno delle comunità virtuali e reali. Nascono dunque spazi per ruoli inediti, responsabilità soggettive e collettive più ampie e complesse e con queste, l'esigenza e l'importanza di educare ad una nuova etica della comunicazione, ormai derubricata a tecnica e che va invece ricondotta alla sua natura di esperienza umana e sociale, processo collettivo di condivisione della conoscenza e produzione di valori, tratto peculiare e distintivo della specie umana. Ciò che veramente ci distingue dalla tecnologia, non sono infatti i tempi e i modi con cui acquisiamo ed elaboriamo informazioni, ma la coscienza dei fini per i quali decidiamo di utilizzarle, il senso che gli attribuiamo e le esperienze attraverso cui queste generano credenze e producono legami sociali e comportamenti all'interno delle comunità di persone. 

Acquisire consapevolezza e comprendere le insidie connesse alla comunicazione, riscoprirne la dimensione umana e relazionale, equivale a costruire argini culturali in società sempre più attratte da sovranità popolari a razionalità limitata, in cui l'opinione (a prescindere) diventa principio guida e morale e la conoscenza viene derubricata e sintomo di malafede, mentre libertà e responsabilità cessano di essere concetti relazionali e reciproci per diventare atteggiamenti contraddittori e conflittuali.
Come difendersi dalle insidie senza rinunciare alle straordinarie opportunità offerte dalla circolazione libera e diffusa della conoscenza?

Ecco alcune idee:

  • 1) Prendendo coscienza che le informazioni di cui fruiamo si inseriscono in una cornice di senso soggettiva e sociale che influenza la nostra percezione del reale e di conseguenza le nostre credenze, mai completamente neutre e oggettive
  • 2) Riconoscendo la complessità, cercando di comprenderne il funzionamento e le cause ma accettando i limiti della nostra intelligenza (intus-legere, comprendere)
  • 3) Recuperando l'idea di una responsabilità individuale e collettiva della comunicazione, adottando comportamenti sociali guidati da una logica di senso e non solo di utilità
  • 4) Superando la frontiera sempre più fluida tra on-line e off-line, perché la comunicazione è ormai ibrida, «on-life», in costante e precario equilibrio tra virtuale e reale
  • 5) Ma soprattutto educando la nostra capacità di scegliere bene, non per smettere di credere ma per cercare di farlo come persone, cittadini e comunità più coese e consapevoli, riconoscendo e rispettando anche nel disaccordo, allenando l'attitudine all'ascolto, concedendo spazio e tempo alla riflessione e all'argomentazione e affrontando con impegno, pazienza e senso del limite la crescente complessità delle moderne società interconnesse. 

Questo è il quadro di riferimento nel quale nasce e matura l'idea di un Manifesto della «comunicazione erethica»: neologismo di sintesi dei concetti di responsabilità condivisa (comunicare: cum-munus: «Avere una responsabilità insieme»), di eresia (haerèsis: «scelta») e di etica, ovvero un manifesto che pone la comunicazione in termini di scelte etiche nell'ambito di responsabilità condivise. La comunicazione come possibile luogo e momento privilegiato di riedificazione civile e sociale di comunità lacerate dalla crescente polarizzazione d'opinione e radicalizzazione ideologica. 

Credo si possa, e si debba fare, ripartendo dalle persone che comunicano prima ancora che dalle idee che si vogliono comunicare, coerente a tali principi il comunicatore erethico, promosso dal manifesto, deve essere disposto a mettere in discussione aspetti radicati delle proprie idee, ad elaborare pensiero critico a partire da contenuti ispirati al vero di cui è responsabile e secondo finalità etiche, aperto al contraddittorio e alla verifica dei fatti. Come un hacker delle parole, è in grado di sovvertire il sistema ideologico cui appartiene, rompere gli equilibri precostituiti per esplorare punti di vista diversi e conflittuali, dando vita a principi ibridi e nuove possibili sintesi frutto di un confronto che non è mai impermeabile e sterile, ma sempre inclusivo e generativo. 

Paolo Cagol
Presidente di Eutopia - Segretario provinciale Fim

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