Ponte di Genova, ecco cosa abbiamo fatto

Ponte di Genova, ecco cosa abbiamo fatto

di Danilo Toninelli

Egregio direttore, le scrivo per rispondere al Suo editoriale di domenica dal titolo «Genova, il ponte crollato e l’immobilismo» perché ritengo sia utile chiarire alcuni punti e spiegare la bontà delle nostre azioni.
Sin dal giorno dopo dell’immane tragedia di Genova, il Governo non si è perso in chiacchiere, si è subito dato da fare per dare un sostegno immediato e ridare speranza e dignità ai genovesi. Subito sono stati stanziati 33,5 milioni di euro per la prima emergenza e con un’ordinanza della Protezione civile sono state sospese le rate dei mutui per chi ha perso la casa nel crollo del Ponte Morandi. Nel giro di un mese è stato approvato un decreto legge corposo che il premier Giuseppe Conte ha già portato a Genova. Decreto che è tutt’altro che vuoto.

Il testo approvato in Consiglio dei ministri la scorsa settimana prevede infatti sostegni importanti sia per le imprese che per i cittadini genovesi.

Così come il testo approvato dal Consiglio dei ministri prevede un approccio nuovo e mai così globale al problema della criticità delle nostre infrastrutture. Il Mit infatti curerà la realizzazione e la gestione di un sistema costante di monitoraggio su infrastrutture stradali e autostradali che presentano condizioni di criticità connesse al passaggio di mezzi pesanti.

Per il controllo della sicurezza e della staticità delle opere verranno usate le più avanzate tecnologie, compresi sensori installati su ponti e viadotti, e le immagini dei nostri satelliti. Questi e altri dati confluiranno in un archivio informatico nazionale delle opere pubbliche, in cui ponti, strade, aeroporti, dighe verranno identificati con una specie di codice fiscale (chiamato Iop) che ci permetterà di  conoscere tutta la storia di un’opera, monitorarne lo stato di salute e intervenire lì dove sarà necessario.

A garantire la sicurezza del sistema ferroviario nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali, attraverso un’attività ispettiva finalizzata alla verifica dell’effettiva manutenzione delle opere da parte dei concessionari, ci sarà l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), che nascerà il 1 dicembre prossimo. Verranno inoltre assunti circa 500 ingegneri che avranno il compito di fare ispezioni sulle infrastrutture e verificarne la staticità. Perché questo mancava da anni: le strutture di vigilanza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti avevano poco personale e pochissimi tecnici. E questa è una cosa assurda, che noi stiamo per cambiare.

L’approccio che stiamo utilizzando per la cura e la manutenzione delle opere esistenti è innovativo e mi riempie di orgoglio. Perché è quello che andava fatto già 10, 20, 30 anni fa, seppur con tecnologie diverse, ma che nessuno prima di noi ha fatto. Un approccio, per altro, che segue a una trasparenza sulle concessioni autostradali che mai c’era stata prima. Abbiamo portato a compimento la pubblicazione integrale di tutte le convenzioni di concessioni autostradali attualmente in vigore, senza omissis. Una rivoluzione, se si pensa che queste concessioni sono là da decenni ma finora erano celate dal segreto.

Per quanto riguarda Autostrade, lei sottolinea come nel decreto non ci sia la revoca della concessione. Le ricordo che la decadenza della concessione avviene attraverso una procedura amministrativa che è stata già avviata dal mio Ministero il 16 agosto scorso e che sta andando avanti. La revoca dunque non aveva motivo per essere inserita tra le norme di legge previste dal decreto.

Il nostro è ed è stato, in questi primi mesi al Governo, un approccio che io ritengo pragmatico e senza preconcetti ideologici. Preconcetti che non sussistono nemmeno nei confronti delle Grandi opere, su cui è già in corso da parte della mia struttura tecnica di missione un’analisi costi-benefici che in breve tempo ci darà materiale per decidere se queste opere si faranno o meno. Ovviamente la parola d’ordine sarà comunque quella di non sprecare i soldi dei cittadini, utilizzandoli al meglio per opere che abbiano una reale utilità e, al contempo, un basso impatto ambientale.

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