Scuola, un errore le lezioni private

Scuola, un errore le lezioni private

di Giovanni Ceschi

Uno studente, dopo aver letto il mio intervento sull’Adige di qualche giorno fa, ha osservato che emblema della distanza tra scuola e famiglia sono le lezioni private imperversanti specie nel periodo estivo, come conseguenza delle carenze formative assegnate al termine dell’anno scolastico. E bravo Federico.

Ne traggo anzitutto la considerazione che esistono eccome, studenti riflessivi sulla scuola e non soltanto nella scuola. Mi chiedo poi se il problema sia peculiarmente trentino e rispondo subito che no, è problema nazionale. Sintomo di una scuola che funziona così così, senza distinzione di latitudine.

Fin dal Dlgs 297/94 (art. 508, sulle incompatibilità) gli insegnanti sono tenuti ad avvertire i presidi qualora decidano di dare ripetizioni, in ragione del salario aggiuntivo percepito, ad astenersi dall’accettare richieste di studenti del proprio istituto, a dichiarare fiscalmente le entrate.

Inutile dire che la normativa è in genere elusa, con indifferenza consapevole di una sostanziale improficuità del sistema scuola nel colmare le lacune generate, o comunque non arginate, dal sistema stesso. Al punto che, alcuni anni orsono, un collega di Como che rilasciava ricevuta fu accolto dall’opinione pubblica come un marziano.

In Trentino il mercato delle ripetizioni private è persino favorito dal meccanismo di promozione che, avendo abolito l’esame a settembre, genera nelle situazioni più gravi una progressiva voragine di competenza che i genitori tentano disperatamente di colmare, inconsapevoli di una soglia limite oltre la quale c’è comunque promozione ma - diciamolo pure - anche impossibilità di recuperare un livello decente. Preferibile, certo, a quanti hanno già mangiato la foglia e trasformato il proprio figliolo in una sorta di «non avvalente» della disciplina. Promozione (e aggiuntiva vergogna) garantita, anche qui. Casi limite, per fortuna.

Resta il fatto che il mercato delle ripetizioni prolifera anche dove l’esame a settembre è rimasto, e alla spudoratezza subentra l’ipocrisia. L’obiettivo è in quel caso più immediato: il superamento dell’anno; la percezione da parte delle famiglie non diversa: una scuola che abdica al proprio ruolo educativo e dichiara livelli di successo formativo sulla carta, in presenza di un’efficacia tanto limitata da indurre ad affidarsi a docenti esterni, più o meno giovani e quotati, chiamati a sopperire non sempre solo alle lacune degli studenti ma anche - talora in primis - a quelle degli insegnanti titolari di cattedra.

Nessuna difesa d’ufficio per chi non s’impegna, s’intende. Ognuno sta solo, trafitto dal proprio destino, non di rado in una gabbia auto-costruita. Ma spesso alla salutifera piaga delle lezioni private soggiacciono in particolare quelle famiglie che hanno percezione di un livello non adeguato raggiunto dai figli; talora anche di fronte a una promozione senza carenze. A dire che se è la scuola a mentire, per quieto vivere, soddisfazione (?) dell’utenza e dirigenti interessati più al premio produttività che alla produttività di una scuola premiante davvero, ebbene: saranno i genitori più consapevoli a perseguire quel livello autentico cui la stessa istituzione ha abdicato, timbrando in nome del marketing autentici falsi in atto pubblico.

«Lettera a una professoressa» di don Lorenzo Milani compie cinquant’anni. Così vi si legge, con tono forse un po’ generalizzante per l’epoca ma profetico dell’attualità: «Ci sono dei professori che fanno ripetizioni a pagamento. Invece di rimuovere gli ostacoli, lavorano a aumentare le differenze. La mattina sono pagati da noi per fare scuola eguale a tutti. La sera prendono denaro dai più ricchi per fare scuola diversa ai signorini. A giugno, a spese nostre, siedono in tribunale e giudicano le differenze. Non è che il babbo di Gianni non sappia che esistono le ripetizioni. È che avete creato un’atmosfera per cui nessuno dice nulla. Sembrate galantuomini».

La differenza sostanziale di quella scuola dalla nostra, di cinquant’anni dopo, si misura con il metro dell’onestà intellettuale: ora i docenti siedono in commissione d’esame di maturità (o di superamento della carenza formativa) e dichiarano che sì, quella carenza formativa o quell’esame risultano superati. Non ci sono più nemmeno volontà e coraggio di mettere in luce una distanza tra scuole differenti: tutti egualmente diplomati e soddisfatti.

Ma la differenza resta e sarà messa in luce, impietosamente, dalla vita. Pierini e Gianni senza distinzione, all’esame della vita adulta, saranno premiati o puniti semmai dall’avere avuto genitori consapevoli o inclini all’auto-inganno. E intanto sembriamo galantuomini.

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