Ius soli: il rinvio è una pessima notizia

Ius soli: il rinvio è una pessima notizia

di Lorenzo Dellai

Non c’è proprio niente di cui rallegrarsi per la decisione di congelare al Senato la legge cosiddetta dello «Ius soli». Il presidente Gentiloni ha dovuto prendere atto delle posizioni assunte anche dentro la maggioranza: non poteva fare diversamente.

Ma questa non è la vittoria di nessuno, se non di quanti lucrano sulla paura della gente di fronte al fenomeno degli sbarchi dal Mediterraneo. Certo che nel Paese c’è un pessimo clima. Ma la politica esiste per chiarire e indicare una prospettiva, non semplicemente per «registrare» ciò che bolle nella pancia della comunità. Invece sembra che, in larga parte, la politica abbia deciso di abdicare al suo ruolo.

E allora, siccome non si riesce a contenere il dramma dell’emergenza sbarchi e a far breccia negli altri Paesi europei si prova almeno a dare l’idea di tutelare gli italiani bloccando la legge sulla cittadinanza dei minori stranieri.

Ma che cosa c’entra l’emergenza drammatica degli sbarchi con la questione del riconoscimento della cittadinanza italiana ai minorenni nati in Italia da genitori stranieri che siano residenti regolarmente in Italia da almeno cinque anni e che possiedano un reddito minimo, una abitazione e una minima padronanza della nostra lingua? Oppure siano arrivati in Italia in età minore di dodici anni e abbiano regolarmente frequentato almeno cinque anni le nostre scuole? Di questo tratta la Legge approvata alla Camera e ora congelata al Senato.

Una Legge che - attraverso la cittadinanza concessa non in modo automatico, ma, come detto, condizionato - punta a rafforzare l’unica prospettiva che può produrre vera sicurezza: l’ntegrazione piena nella nostra società dei ragazzi stranieri che stabilmente sono tra noi, facendo sintesi tra diritto all’accoglienza e doveri di lealtà, di rispetto e di servizio alla comunità che li accoglie. Perché questo significa «cittadinanza».

Per carità, ci sono tanti altri provvedimenti importanti fermi in Parlamento: è vero.

Come è vero che tutta la maggioranza si sarebbe impegnata a riprendere la questione in autunno, anche se si può legittimamente dubitare che le condizioni politiche allora saranno più agibili.

È anche possibile che qualche aspetto della norma possa essere reso più chiaro e più «rassicurante» per la pubblica opinione, benché il testo giri per il Parlamento da parecchio tempo ed abbia subito approfondimenti e limature frutto di un confronto a trecentosessanta gradi.

Quello che più preoccupa, tuttavia, non è la conseguenza immediata del congelamento (in astratto non è un dramma, non è la prima volta che si rinvia un provvedimento delicato), quanto il messaggio culturale e politico che da questa scelta traspare.

Alle comprensibili paure e alle inquietudini della gente, di fronte ai fenomeni epocali delle migrazioni, per di più in una stagione di crisi economica e sociale ancora acuta, si rischia di rispondere in maniera puramente difensiva, senza sforzarsi di accompagnare la comunità sulla via della comprensione e della distinzione tra le cose.

Si rischia di accreditare la tendenza a fare di ogni erba un fascio. Ciò accresce il disagio e alla lunga non rassicura affatto. Anzi, crea una domanda ulteriore e progressiva di scelte «dure», alle quali solo la destra potrà corrispondere. A parole, naturalmente, solo a parole e a promesse elettorali, perché neppure la destra sul piano concreto potrà poi dimostrare di avere ricette magiche minimamente efficaci, se non quelle che costruiscono una società sempre più blindata e chiusa, nell’illusoria speranza che ciò produca sicurezza e difesa dell’identità originaria. Ma allora sarà troppo tardi.

Le forze politiche democratiche ed europeiste - a prescindere dalla loro ispirazione ideale e dalla loro collocazione politica - dovrebbero invece stabilire un patto di interesse nazionale: rinunciare a giocare una partita di scontro interessato su questo terreno. Offrire ad una comunità sempre più impaurita un punto di vista ragionevole e razionale; una prospettiva di effettivo «governo» dei fenomeni.

Dovrebbero avere la responsabilità di promuovere le rispettive proposte politiche rispettando un terreno comune, che vale per tutti: la consapevolezza che a questi fenomeni epocali non ci si può rapportare con la mitologia dei muri e le ridicole ipotesi di blocco navale, ma con serie politiche di lungo periodo e con misure efficienti di gestione dell’emergenza.

Negli altri grandi Paesi europei, le forze democratiche di centrosinistra e di centrodestra sono sostanzialmente concordi su questo punto e lo scontro feroce è con minoritarie formazioni estremiste e xenofobe. In Italia, purtroppo, siamo ancora lontani da questa condizione di maturità democratica e di solidità istituzionale.

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