Il Papa nel Marocco che cambia

Il Papa nel Marocco che cambia

di Luigi Sandri

Il Marocco, nel week-end, è la nuova tappa del papa nella sua circumnavigazione del mondo arabo che, così, chiude le mete a lui possibili (manca solo il Libano) in quell’area, essendo per ora esclusi Iraq e Siria, paesi martoriati, e rimanendo proibita al capo della Chiesa romana l’Arabia saudita, la terra del profeta Muhammad.

Fu Giovanni Paolo II, nel 1985, il primo pontefice a visitare il paese: adesso ci torna Francesco, forte del patto sulla “Fraternità umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato il 4 febbraio ad Abu Dhabi, insieme ad Ahamad al-Tayyib, grande imam di al-Azhar, la più importante università del mondo sunnita, che si trova al Cairo.

Il testo definiva «esecrabile» il terrorismo, tanto più se fondato su motivazioni religiose; ed affermava: «Ogni persona gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione».
E se uno cambia religione? In molti paesi musulmani ciò non viene tollerato: l’”apostata” è punito con aspre pene e, talora, la morte. Anche dove la legislazione non preveda ciò, magari sono i familiari del “colpevole” ad eliminarlo, perché “ha sporcato il loro onore”.

Il castigo viene giustificato con un hadith (detto) di Muhammad. Però nel 2017, in Marocco, rifacendosi anche alle conclusioni di Sufyan al-Thawri, un illustre teologo dell’ottavo secolo, il Consiglio superiore degli ulema (saggi) in una fatwa (sentenza) aveva stabilito che l’”apostata” è passibile della pena capitale solo se il suo è anche un “tradimento politico”, che mette in pericolo la comunità natia.
Questa sentenza ardita, pur respinta dai paesi islamici, è una breccia nella tradizione imperante, e si riverbera sui milioni di musulmani che vivono in Occidente, alcuni dei quali si convertono al Cristianesimo.
Passerà del tempo prima che la fatwa diventi davvero operativa, cambiando le norme giuridiche in vigore: ma, di per sé, apre conseguenze di vasta portata. Nel Marocco, i trentaquattro milioni (segue dalla prima pagina)di abitanti sono musulmani al 99%; i cattolici sfiorano appena i trentamila e, i più, sono di origine francese (Parigi abbandonò la “colonia” nel 1956). Vi sarebbero anche – pare – altrettanti “catacombali”, musulmani convertiti che seguono, in segreto, il nuovo Credo. Si vedrà se potranno – senza danno! – proclamarsi cristiani, in famiglia e in società.

Al potere dal 1999, Mohammad VI vuole rendere il suo regno un faro per quelle aree africane dove l’Islam è maggioritario. Tuttavia, religione a parte, il paese ha molti nodi da sciogliere: il pluralismo politico è relativo, e chi criticasse il sovrano subirebbe conseguenze spiacevoli. Cruciale, poi, è il contrasto tra il Marocco, che nel 1976 ha occupato gran parte dell’ex Sahara spagnolo, e il Polisario, il Movimento di liberazione che, protetto da Algeri, rivendica quel territorio.
Un tale ventaglio incombe sul viaggio papale a Rabat, dove il 30 marzo lo attende un sovrano deciso a “modernizzare” l’Islam. Egli ha il titolo di  “Amir al-Muminin”, Guida dei fedeli, e si proclama discendente del Profeta.

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