Che strane queste vacanze di Pasqua

Che strane queste vacanze di Pasqua

di Eliana Agata Marchese

Che il Coronavirus avesse mutilato la scuola si era capito da un pezzo.
Ora ci toglie anche le vacanze; le toglie agli studenti, per la verità: sono loro che di solito arrivano allo stop delle lezioni con la frenesia di libertà.

L’ultimo giorno prima delle vacanze l’eccitazione è palpabile: i ragazzi stanno per liberarsi di noi, ed è a noi che manifestano tutto il loro entusiasmo, spesso con invenzioni fantasiose. Beata gioventù. L’anno scorso ho trovato sulla cattedra un uovo di cioccolato. Confesso di essermi bloccata un attimo sulla porta (non ricevo uova di Pasqua da quando avevo l’età dei miei figli) e poi l’ho aperto. Dentro, al posto della sorpresa, c’era un biglietto: «Per favore, per oggi non interroghi». Una dimostrazione di intelligenza che Boccaccio avrebbe apprezzato: l’anno scorso, dopo aver ceduto alla richiesta, ne ho approfittato per discutere sull’arte di cavarsela nel Decameron.

In un’altra scuola, tempo fa, all’ultima lezione prima di Pasqua una classe si fece trovare con i banchi girati al contrario, schiene alla cattedra e visi rivolti al muro opposto: «Prof, ci ammutiniamo». Attimo di silenzio. Poi, quasi in coro: «Può non interrogare oggi?». Risate memorabili anche quella volta, e niente interrogazioni il giorno prima delle vacanze. Quest’anno, invece, niente stratagemmi astuti, niente motti di spirito: una Pasqua in sordina. La parola “vacanza”, viene dal latino “vacatio”, ovvero mancanza. Ma la mancanza della scuola si sente già da un pezzo. Si sente anche la mancanza di tutto il resto, per la verità. I ragazzi dovranno rimanere a casa, come hanno fatto fino ad oggi. Hanno capito la situazione, e ad uscire non ci pensano nemmeno. Tra loro c’è chi programma una nuova tinta ai capelli - le chiome sono diventate sfoghi alla frustrazione da clausura - e chi aspira semplicemente a dormire. A tutti ho augurato «Buon riposo». Di quello c’è davvero bisogno, perché la didattica online provoca una stanchezza nuova, per noi e anche per le classi. Che dorma, chi può. I miei figli certamente lo faranno. In questo periodo ho continuato a svegliarli alle 8, ma ora si meritano una settimana di pausa anche dalla finestra spalancata al mattino.

Gli insegnanti cambiano semplicemente modalità: abituati ad andare a casa con pacchi di temi cartacei da correggere, ora ci attrezziamo preparando nuovi materiali e iscrivendoci ai più disparati webinar di aggiornamento; quelli non si fermano. Dobbiamo capire come valutare, come differenziare strumenti e consegne. Dobbiamo anche preparare le udienze generali online, che si terranno al rientro. Ogni docente aprirà una stanza virtuale, sperando che non ci siano i problemi di comunicazione che sperimentiamo con gli studenti al mattino, quando tanti Wi-Fi casalinghi non reggono il numero delle connessioni e a volte capirsi diventa impossibile.

Ci sono famiglie che condividono il router coi vicini: la voce di questi studenti arriva sempre a scatti; e spesso si tratta degli alunni più deboli, che avrebbero bisogno di sostegno individualizzato, che magari non parlano bene in italiano. A scuola, di presenza, aiutare singolarmente i ragazzi è più immediato. In streaming, con la connessione a scatti, rischia di farne le spese il più debole: a questo, adesso, dobbiamo cercare di resistere. Come si faccia, purtroppo, non è ben chiaro. Essere inclusivi a distanza è molto più difficile. Ma forse, in questa settimana di vacanza senza vacanza, ci verrà qualche idea.

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