Che ricordi quando ero chierichetto

Che ricordi quando ero chierichetto

di Lucio Gardin

Riprendendo una tradizione che vivevo da bambino, questo Natale sono andato a messa. Per essere precisi, alla messa di Natale. Che si chiama così perché si svolge il 24 dicembre. Per essere precisi, alla messa di Natale delle undici. Che si chiama così perché si svolge alle 23 ma la chiamano delle undici perché “ventitré” suona da antivigilia e può creare confusione.

È stato un tuffo nei ricordi. Certe cose non cambiano mai: passano le mode, mutano i costumi, si susseguono le generazioni, sopraggiunge la tecnologia, ma in chiesa tutto si è fermato. Come entri, varchi una barriera spazio temporale e ti ritrovi immerso in un’atmosfera unica, fatta di incenso, candele e gente che tossisce anche d’estate. Ma non tossisce sempre, solo quando c’è assoluto silenzio. E a quel punto, per spirito emulativo, inizia a tossire anche il vicino di banco, poi quello di fronte, poi quello della navata a fianco e così via. E dopo qualche minuto sembra di essere in un ospedale da campo in Burkina Faso.

Se poi, com’è capitato a me, arrivi in ritardo, scopri un’altra cosa sulle chiese: le cerniere delle porte non sono oliate di proposito. Così tutti possono sentire quando entri in ritardo, per voltarsi con aria di rimprovero e commentare il tuo vestito e la pettinatura (nel mio caso le opzioni si riducono del 50%). Sono istanti in cui si rivive l’effetto-ambulatorio. Quando entri e tutti ti fissano per qualche secondo, per poi tornare a rituffarsi nella lettura dell’ultimo numero di Novella 2000 dove si parla di una scoperta che stravolgerà la vita delle generazioni future: la televisione a colori.

In attesa dell’inizio della cerimonia, i miei ricordi sono andati a quando facevo il chierichetto. Prendevo così sul serio il compito di detergere l’aere con l’incenso che, dopo dieci minuti che agitavo il turibolo, sembrava di stare a un concerto dei Pink Floyd. Il prete abbandonava l’altare per andare in fondo alle navate della chiesa a sventolare le porte, e far girare un po’ di aria. Purtroppo questo faceva entrare aria fredda e i fedeli ripartivano con i colpi di tosse.

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