La dura legge delle udienze a scuola

La dura legge delle udienze a scuola

di Lucio Gardin

In un mondo in costante mutazione tecnologica, dove ogni giorno nascono nuove invenzioni che ci facilitano la vita, c’è una bolla spazio-temporale dove l’evoluzione si è fermata; un’estensione in confronto a cui i riti d’iniziazione tribali sono massaggi balsamici: le udienze scolastiche. Quando dei genitori si trovano nel corridoio di una scuola in attesa di essere ricevuti dai vari insegnanti, si scatenano delle dinamiche di sopravvivenza che neanche all’Isola dei Famosi. Di recente è emerso un settore della mafia che sta prendendo piede: il combattimento clandestino tra genitori a udienza. Ma andiamo con ordine.

Le udienze sono organizzate prima delle vacanze di Pasqua o prima delle vacanze di Natale. Comunque, sempre prima delle vacanze, giusto per il piacere di rovinartele. Ci puoi trovare due tipi di genitori: quelli socievoli, new age, e quelli aggressivi per cui ogni altro genitore è un antagonista. I primi salutano tutti, entrano a udienza anche dai prof che non insegnano al figlio tanto per parlare con qualcuno, e anche perché non ricordano che classe fa il figlio. I secondi si presentano in mimetica, cartucciera in spalla, righe nere sulla faccia, e quando arrivi e chiedi “chi è l’ultimo” non rispondono mai. Se ti allontani dalla fila anche solo di due metri per salutare qualcuno, ti dicono che hai perso il posto. D’altra parte, è una lotta per la sopravvivenza.

È la dura legge delle udienze. Tutti contro tutti. Tranne quando ritorni al tuo posto, perché allora avviene il miracolo: i genitori diventano solidali, si avvicinano, si stringono, compattano la fila per lasciarti fuori: «Pensavamo che fosse andato via» ti spiega il sindacalista in mimetica. Usa il plurale perché nei due minuti che ti sei allontanato, ha istituito i Cobas delle udienze e lui si è proclamato portavoce. E a te non resta che metterti in coda e chiedere «chi è l’ultimo?» (sperando in qualche genitore new age che ti risponda). E poi ci sono i genitori che usano i figli da segnaposto, per guadagnare tempo. Li piazzano con la tecnica del Risiko davanti alle aule per poi sostituirli quand’è il momento di entrare dall’insegnante. Dirigono i piccoli come Angelo Lorenzetti fa con i suoi giocatori: «Vai in ricezione dal prof di storia!». Che poi, spesso, i figli sono timidi e non hanno il coraggio di chiedere «chi è l’ultimo» e quindi si fanno passare davanti da tutti. Si accorgono che le udienze sono finite solo quando vedono la mamma chiedere di loro a «Chi l’ha visto».

E tutto questo perché? Per sentirsi dire: «Suo figlio potrebbe fare molto di più se solo s’impegnasse». La morale delle udienze è solo una: chi studia è promosso e chi non studia è bocciato. Ditelo ai vostri figli e vi risparmiate un’esperienza Survival.

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