Sgombriamo il cuore da affanni inutili

Sgombriamo il cuore da affanni inutili

di Giancarlo Bregantini

Non serve accumulare. Nella vita conta ciò che ci mantiene dinamici, leggeri e motivati. Lanciati in avanti. Mai imprigriti. Mai scoraggiati. Mai imprigionati in sconforti, in paure. In una parola, aperti a nuove possibilità. Solleciti. 
Quando arriva l'Avvento io lo immagino sempre come un germoglio di speranza che spunta in pieno inverno, che fa di tutto per resistere al vento gelido e restare attaccato al ramo, al proprio albero. In esso vedo tutta la parabola della vita, l'ossatura di questo tempo di vigilanza operosa. Attesa, fiducia, cura costituiscono la triade originale posta in atto da queste settimane che ci preparano al Natale.  

La prima, attendere significa conversare con Dio. Prendersi del tempo per compiere questo pellegrinaggio interiore verso il miracolo dell'impossibile che si fa possibile. Come una gestazione nascosta, paziente e personale, in cui si recupera il coraggio di sognare, di aprire tutte quelle porte rimaste chiuse per timore di fallire, di non farcela. Segni di fiducia ridestata e resa più corposa, per incidere proprio in quelle fragilità che spesso ci impediscono di osare il domani. Come l'Europa che si limita a fare economia, ma non politica! O la nostra nazione, che non vede ancora la fecondità di un accordo internazionale, ben pensato, sul tema degli emigranti. La vetta è poi quella cura che noi usiamo per riconsegnare il nostro cuore ai sentimenti più nobili, reso libero da soggiogamenti che lo fanno diventare lento, disfattista. Come ci mette in guardia, infatti, il Vangelo di oggi: «i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita». 

La corsa all'ammucchiamento di cose superficiali è quella che fa deragliare una società intera, perché in essa c'è l'atteggiamento di quanti si danno allo spreco, di chi ruba e svuota i covoni delle risorse comuni per il proprio cieco interesse. Penso qui a chi abusa del proprio ruolo di potere per calpestare la dignità degli altri, a chi fa lavorare in nero i suoi dipendenti pur ricoprendo un compito istituzionale di difesa del lavoro, a chi riesuma vecchie logiche razziali fomentando nelle nuove generazioni discriminazione e intolleranze verso gli altri, specie verso gli immigrati, mentre poi fa finta di difendere il crocifisso appeso nelle scuole e incoraggia a costruire il presepe. Sono queste le ubriachezze da vincere. Perché sono confusioni e superbie generate da coscienze perverse, destinate a fare purtroppo altre vittime di odio e di violenza, anche nel nostro ambiente. Accade quando il cuore diventa pesante come una pietra, muta, gelida e insensibile. E inizia a pesare, a ostacolare il respiro, il movimento, la quiete.
Occorre perciò sgombrarlo e salvaguardarlo, impegnandolo nella giustizia, nel bene, nella solidarietà, che sono in fondo i tre antidoti alla dissipazione, all'ubriachezza e all'affanno. 

E riprendo una storiella orientale dal messaggio tagliente. «Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva più uscirne. L'asino continuò a ragliare sonoramente per ore, mentre il proprietario pensava al da farsi. Finalmente il contadino prese una decisione crudele: concluse che l'asino era ormai molto vecchio e che non serviva più a nulla, che il pozzo era ormai secco e che in qualche modo bisognava chiuderlo. Non valeva pertanto la pena di sforzarsi per tirare fuori l'animale dal pozzo. Al contrario chiamò i suoi vicini perché lo aiutassero a seppellire vivo l'asino. Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttare palate di terra dentro al pozzo. L'asino non tardò a rendersi conto di quello che stavano facendo con lui e pianse disperatamente. Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto. Il contadino alla fine guardò verso il fondo del pozzo e rimase sorpreso da quello che vide. 

Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l'asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci sopra. In questo modo, in poco tempo, tutti videro come l'asino riuscì ad arrivare fino all'imboccatura del pozzo, oltrepassare il bordo e uscirne trottando».
La vita andrà a buttarti addosso molta terra, ogni tipo di terra. Principalmente se sarai dentro un pozzo. Ma il segreto per uscire dal pozzo consisterà allora semplicemente nello scuotersi di dosso la terra che si riceve e nel salirci sopra. Da crisi ad opportunità. Buon Avvento!

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