In bici attraverso l'Islanda: verso sud-est sulla A1
Luca, Lio, Enrico e Bob continuano la loro affascinante cavalcata in uno scenario immenso che dona al paesaggio una dimensione quasi onirica
LA GALLERY/1 Una natura spettacolare
LA GALLERY/2 Tra geyser e cascate
PRIMA PUNTATA Di nuovo in sella
SECONDA PUNTATA «Ma che ci facciamo qui?»
Raggiungiamo Skjól, a pochi km da Geysir che è sera. Campeggiamo. È sera, ma il sole è ancora alto nel cielo. Qui fa notte verso le 23.00 e questo ci consente escursioni fino a tardi. Non per questo indugiamo al mattino e sono ormai tre giorni che alle 6:30 siamo tutti svegli e facciamo colazione.
La bellezza del paesaggio è talmente vivida che moriamo dalla voglia di assorbirla tutta: questo non è facile da farsi, perché i paesaggi mutano di colore e caratteristiche dopo pochi chilometri percorsi. All’alba del 7 maggio, bardati all’inverosimile, sotto la pioggia battente che poi diventa neve che poi diventa grandine, partiamo per raggiungere le cascate di Blaskogabyggd.
Un’overdose di spruzzi,schiuma e fragore in uno scenario immenso che dona al paesaggio una dimensione quasi onirica, come se si trattasse di un immenso set cinematografico. Oppure un movimento di presto nella musica sinfonica, quando si passa da un tema largo a un’esplosione di suoni che coinvolge tutta l’orchestra in un fortissimo.
Siamo fortunati: a tratti esce uno spiraglio di sole; e dalla cascata escono due arcobaleni. Abbiamo fatto il pieno di emozioni e chissà quante ne succederanno se continuiamo su questa strada. Tutto intorno una campagna ancora da svegliarsi e mandrie di cavalli in libertà. Veramente simpatici e curiosi questi equini; con un corpo tozzo e con una statura più bassa delle altre razze, sono perfetti per adattarsi a questi climi. Hanno un carattere socievole, anche più socievole e meno schivo degli islandesi, che incontriamo soltanto alla reception dei campeggi o al supermarket dove andiamo a fare provviste.
Per il resto il clima sociale che si respira, al di fuori di quello chiassoso della nostra compagine, è veramente interessante: singoli,coppie e famiglie sono a spasso per l’Islanda con mezzi noleggiati in loco e sembrano tutti di ottimo umore, perlomeno fino ad ora è andata così. Il giorno dopo ripartiamo alla volta di Skogar, dove è situato un campeggio proprio, vicino ad un sito di grande attrazione: la famosa cascata Skogarfoss,meta di pellegrinaggio di frotte di turisti che nella bella stagione, a nostro avviso, si presteranno i piedi. Il colpo d’occhio è impressionante: un enorme prato che termina a pochi passi dalla cascata. Mozzafiato. Tuttavia, per una specie di legge del contrappasso, la situazione igienico sanitaria del campeggio non è degna di essere citata ed è assolutamente in contrasto con quanto abbiamo visto fino a questo momento. Un passo indietro...
Prima di arrivare al campeggio la strada ci ha sbattuto in faccia un’altra meraviglia: la cascata di Seljalandsfoss, un luogo iconico. Dall’altezza di circa 50 m le acque si gettano in un torrente, ma dietro alla cascata c’è una grotta. Un percorso tracciato ti consente di camminare alle spalle di questo spettacolo. L’acqua si frange sulla roccia e produce una varietà di colori da Luna Park.
Ne abbiamo quasi abbastanza di meraviglie per oggi e quando ci troviamo davanti alla ciclopica cascata di Skogar, si ridimensiona tutto quello che hai visto in precedenza sulle cascate. Sono 62 m di caduta con un fragore che si sente a chilometri di distanza e folle di turisti col naso all’insù. Un sentiero sale a lato di questa follia della natura e centinaia di scalini ti portano in cima al picco che domina la valle in un orizzonte quasi infinito. Così come siamo arrivati andiamo a dormire, un po’ delusi per la situazione igienico sanitaria e anche per il prezzo del campeggio.
Ma al mattino, quando ci svegliamo,ogni delusione è sublimata e si annulla per quello che ci compare davanti: un sole accecante e un cielo azzurro terso. In quattro e quattr’otto prepariamo le bici e si parte. Il 24 novembre del 1973 un aereo passeggeri Douglas Super DC-3 fu costretto ad un atterraggio sulla sperduta spiaggia di Sólheimasandur a causa di una avaria. Nessuno si fece male, anche perché il luogo sembrava già di per sé una grande pista di atterraggio. Di questo cosa ci rallegriamo quando ci fotografiamo di fronte al relitto, ormai spogliato di tutta la strumentazione e le dotazioni di un tempo. Ci viene una riflessione. Gli islandesi hanno saputo trasformare questa tragedia sfiorata in una risorsa; migliaia e migliaia di persone visitano questo sito ogni anno per una foto o 10 o 100 vicino al DC-3. Tutto questo alimenta il turismo e anche l’attività economica. Infatti la zona è raggiungibile camminando o pedalando su un terreno sconnesso per 5 km fino al mare. E un servizio di pullman fuoristrada consente a tutti di poter godere di questa attrazione veramente originale.
Quello che in alcuni contesti avrebbe costituito un onere per la demolizione, qui è stato trasformato in una risorsa. La stessa cosa abbiamo visto in Australia, dove zone marginali, brutte e desolate e ambienti ostili sono stati trasformati in paradisi turistici. Una lezione da imparare, perché suona di resilienza e pensiero proattivo. Continuiamo per la spiaggia di Reynisfjara, famosa per le sue formazioni basaltiche che stupiscono chi lo osserva perché, proprio in riva al mare, si stagliano verso l’alto delle rocce esagonali che somigliano a delle canne d’organo di varie grandezzee di un colore grigio austero. Nonostante i cartelli che invitano a mantenersi a distanza dal bagnasciuga, per pericolo di onde improvvise (in passato ci sono stati anche dei morti), Bob non resiste alla tentazione di avvicinarsi al bagnasciuga per fotografare la sua bicicletta appoggiata alle formazioni basaltiche. La conseguenza è immaginabile e si determina un fuori programma piuttosto bagnato. Fradicio fino alle ginocchia. Ma l’action camera sul casco era accesa, e così anche questo fuori programma resterà nella memoria fotografica. Ci approcciamo a rientrare, ci attendono più di 30 km controvento. Vento a 35 nodi. Si procede a 10 all’ora e si pedala anche in discesa. Arriviamo, chi più chi meno, sfiniti.
L’indomani ci svegliamo che sono già quasi le otto. Un record fino a questo momento. Ci attendono 120 km fino alla zona del ghiacciaio Skaftafelljökull che si estende su una superficie immensa, che costituisce una propaggine del grande ghiacciaio Vatnajökull, il più grande ghiacciaio d’Europa per volume. Ci si arriva percorrendo una strada che ricorda un po’ i paesaggi dell’Arizona e un po’ i panorami del deserto di roccia magrebina.
L’avvicinamento dura qualche decina di chilometri e sullo sfondo il ghiacciaio si svela progressivamente sempre più nella sua immensità. Le lingue del ghiacciaio si spingono fino alla pianura e l’impressione è quella di vedere un enorme lago ghiacciato che lambisce la terra. Un paesaggio nuovo fino a questo momento, tutto da scoprire. Ci si prepara per una nuova escursione. Col campeggio siamo fortunati: finalmente una struttura come si deve. Crediamo di meritarcela.
(3. continua)