Morgan, che peccato: il peggior concerto visto a Trento da anni (ed ho pure pagato)

di Gigi Zoppello

Il concerto (a pagamento) del 21 giugno scorso in piazza Fiera è stata una delle esibizioni più imbarazzanti che io abbia visto in vita mia. Eppure prometteva bene: Morgan con un gruppo chiamato “White Dukes” rende omaggio a David Bowie. Wow.

Lo spettacolo era all’interno del programma delle Feste Vigiliane. Ma al contrario del favoloso concerto dei New Trolls di qualche giorno prima (grandissimi professionisti, grande musica, e una suite di “Una notte sul Monte Calvo” da brividi), quello di Morgan era a pagamento. Quindi: sgancio i miei 20 euro, e vado in piazza Fiera.

La serata comincia malino: l’arena delle Vigiliane è semivuota, e quando Morgan si presenta sul palco (con una mise rock’n’punk niente male) esordisce con ironia: “Dunque voi siete i famosi 33 trentini”.

Poca gente. E soprattutto poco interessata. Solo dopo scoprirò il perché.

Intanto Morgan attacca il repertorio di David Bowie. Sono venuto a sentirlo perché avevo visto in televisione il programma (fantastico) in cui Morgan – da solo, con un pianoforte – spiegava i segreti di David Bowie. Gli accordi, uno per uno. Le tonalità, i trucchi. Insomma: fenomenologia di un genio spiegata da un esperto competente.

Ma dal vivo è un’altra cosa. Morgan gigioneggia, bevendo ampie sorsate da un bicchierone che poi dirà essere Prosecco (un Prosecco strano, dal colore scozzese). E quando inizia a cantare, si resta storditi. O almeno, io lo sono stato.

Il fatto è che Morgan non ha nelle sue corde le tonalità di Bowie. Lo si capisce quando negli acuti, fin da subito, dimezza le ottave. Sempre intonato, per carità, ma “Life on Mars” senza falsetto non è Life on Mars. Punto.

Mentre la band arranca con gli arrangiamenti, appare chiaro che siamo di fronte ad un esperimento. Fosse stata una prova aperta lo avrei scusato. Ma a Trento è andato in scena un concerto farsa. Bravissimi i professionisti che formano i “White Dukes”, ma evidentemente questa formazione non ha ancora effettuato il rodaggio. Con soluzioni quantomeno discutibili. Come in “China Girl”, dove il celebre riff di chitarra di Nile Rodgers (che è il cuore del pezzo, geniale) viene suonato dal tastierista. E non con la chitarra. Solo io resto basito… 

Non solo: Morgan non si ricorda la scaletta, deve leggere i testi da un ampio faldone, la band gli ricorda l'ordine dei brani e lui di nuovo spumeggiante fa finta che sia una gag.

Mentre mi cade la mascella, assisto alla prima bizzarria: pochi pezzi dopo l’inizio, entrano in scena quattro clarinettisti. Uno – annuncia Morgan tronfante – è venuto apposta da Vienna. Sono i Clartet, una formazione di giovani vestiti come “Il volo”, che partecipano con impegno ad un brano, e poi vengono lanciati direttamente da soli a suonare Gerschwin ed altre amenità da pubblicità dei cioccolatini.

I trentini, si sa, sono educati, e battono anche le mani. Ma dalla platea qualcuno inizia ad alzarsi ed andare via. Possibile, mi chiedo, che abbiano pagato 20 euro e tornino a casa dopo 15 minuti?

Forse hanno fatto bene, perché poco dopo inizia la tragedia: la voce di Morgan se ne va. Non ce la fa più. Beve e beve, ma le corde vocali restano asciutte, ormai sono andate. E quindi inizia a fare due cose inevitabili: prima a cantare i pezzi modulandoli di petto come un crooner, e poi a urlare i ritornelli dove dovrebbe salire di tono.

Un massacro dei favolosi pezzi di Bowie.

Qualcuno nelle retrovie balla e ondeggia al ritmo ossessivo di “Heroes”, ma il cantante sul palco è ormai alla frutta: Heroes viene gridata con una voce da coro da stadio. Il Duca Bianco si rivolta nella tomba.

Quindi ecco il ritorno in scena dei provvidenziali giovani clarinettisti. Ma perché? Che senso ha? Almeno suonassero pezzi di Bowie… è come se in mezzo a un concerto di Vasco facessi salire sul palco una band di folk irlandese, o una cantautora alla Joni Mitchell wannabe.

Negli attimi di pausa riconosco amici e qualche parente. Gente che mai e poi mai avrei pensato di vedere a un concerto. Mi avvicino e chiedo cosa ci facciano qui… «Avevamo i biglietti gratis, siamo venuti a vedere».

Dunque avvio un rapido sondaggio: fermo alcune coppie attempate che fuggono verso l’uscita: «Avevamo i biglietti gratis, dai Ciusi e Gobj». «Ci hanno dato i biglietti in ufficio...»

Infine un amico, esercente di un locale del centro. Che candidamente mi conferma che anche lui è arrivato gratis. E che di biglietti omaggio ne aveva a pacchetti, negli ultimi giorni giravano ovunque visto che la prevendita non ingranava e il Centro Santa Chiara aveva le mani nei capelli. 

Lo strazio del concerto termina dopo esattamente 1 ora e 30 minuti, clarinettisti compresi. Per me, un sollievo. Per il Duca Bianco (quello vero) la fine dei rivoltamenti nella tomba.

Infine, una domanda: visto che a Trento c’è un cantante bravissimo, che esegue i brani di David Bowie da dio, non si poteva fare una serata con i Radiottanta e lui? Sempre meglio di quello che abbiamo ascoltato. E magari veniva pure più gente. Anche senza la pioggia di biglietti omaggio.

 

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