Editoriale / Politica

Un vero presidente che parla al popolo

Il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica

Scelta netta. Anziché parlare ai mille grandi elettori, a chi anche in un momento così difficile tende solo a giocare al Risiko del Quirinale, ha deciso di parlare ai 60 milioni. E dunque a tutti gli italiani. Al Paese «laborioso, creativo, solidale». E ha parlato - in un appello pieno di fiducia e anche di serenità, pur consapevole dei problemi che ancora stiamo vivendo - prima di tutto ai giovani, ai quali ha dedicato i passaggi più importanti di un discorso che ricorderemo a lungo.

Perché c'era tutto Mattarella, nel tradizionale messaggio di fine anno che milioni di italiani hanno visto l'altra sera. Stile. Garbo. Ma anche fermezza. Sui punti fondamentali: l'importanza del vaccino («sprecarlo è un'offesa a chi non li ha»), il ruolo fondamentale della scienza (con un grazie «a chi si è impegnato nel suo dovere, a cominciare da medici, personale sanitario e volontari che hanno combattuto la pandemia»), il rispetto della Costituzione, lo sguardo sempre puntato verso gli ultimi.

E c'era anche un uomo che si alza in piedi al cospetto di ciascuno di noi. Davanti ai troppi morti portati via dal Covid. Davanti alle troppe donne uccise da uomini che nella maggior parte dei casi dicevano di amarle. In piedi dinnanzi ai troppi morti sul lavoro. Con lo stesso rispetto dovuto alla Costituzione e a un ruolo che è fondamentale, ma che è e deve restare provvisorio.

Al capo dello Stato, la sera del 31, non è servito nemmeno ribadire che non ci sarà un bis. Perché i problemi sono appunto ben altri. E assume un significato tutto particolare il suo stare in piedi: come un normale cittadino che non s'aggrappa alla poltrona, che prepara il trasloco e che lo scranno l'ha simbolicamente già allontanato.

Del resto, non si può certo parlare alle nuove generazioni dando un segnale opposto, sentendosi insomma insostituibili. Mattarella lo sa bene. E anche per questo dal Quirinale è arrivata l'ennesima lezione. Sono però altri a non saperlo: per i soliti giochetti che spingono persino qualcuno a pensare di poter occupare quella poltrona come se il passato non esistesse. Come se si potesse aspirare al Colle pur essendo fortemente di parte. Chiarissimo, in tal senso, anche il riferimento di Mattarella alla necessità di spogliarsi delle appartenenze precedenti quando si arriva alla presidenza.

Ma torniamo ai giovani. Al cuore del discorso di un capo dello Stato che ha parlato al cuore degli italiani. Il presidente ha citato la lettera inviata agli studenti nel giorno del suo pensionamento da Pietro Carmina, docente di storia e filosofia morto nel crollo della palazzina di Ravanusa: «Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela, la vita. Voi non siete il futuro; siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare».

Un grido e l'autobiografia di un presidente che ha servito il Paese, correndo non pochi rischi e parlando anche per chi non ha voce, in anni complicati come pochi.

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