Quando gli Usa nella corsa allo spazio arruolarono gli ingegneri del nazismo

La guerra era finita da un anno, i criminali nazisti cercavano di fuggire dalla Germania e dall’Europa migrando in Argentina, Cile e Paraguay

di Luigi Sardi

La guerra era finita da un anno, i criminali nazisti cercavano di fuggire dalla Germania e dall’Europa migrando in Argentina, Cile e Paraguay. Gli ebrei che si erano salvati cominciavano a tornare alle loro case, ma il 4 luglio del 1946 a Kielce, città di quella Polonia che aveva conosciuto le atrocità del nazismo e sovietiche, si scatena un pogrom culminato con il massacro di 40 ebrei, lo stupro di molte donne e almeno 80 feriti. L’eccidio di Kielce che fu, per il numero di vitt       ime, fra i meno gravi della storia della disumanità, è indicato come “un episodio estremamente significativo, poiché ebbe luogo oltre un anno dopo la fine della guerra, la sconfitta del nazismo e mentre la popolazione ebraica della cittadina composta da circa 200 sopravvissuti alla Shoah riprendeva a vivere”. Come si legge in un articolo pubblicato negli anni Cinquanta dal “Corriere della Sera”

In quel dannato giorno di luglio si era sparsa la voce che alcuni ebrei avevano rapito un bambino per usarne il sangue. Una voce magari gridata al mercato che, forse, aveva fatto riemergere la storia drammatica del Simonino da Trento; bastò per radunare nella zona dove vivevano i resti della comunità ebraica, una folla di furibondi che, nell’assenza della polizia, catturò e massacrò a bastonate i sopravissuti agli orrori dei campi di sterminio.

Dunque, ebrei massacrati a guerra finita; criminali in fuga e quelli che si consegnarono agli americani perché quando la guerra stava per finire, gli scienziati nazisti fecero una scelta. Si arresero ai soldati americani e, in minor numero, a quelli dell’ Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Che mantennero il segreto. Anche sui gulag c’è ancora il segreto. O meglio: molto si è scritto sull’orrore di quei campi detti di rieducazione. Ma sono racconti e solo da pochi decenni sono disponibili rigorosi lavori sui gulag e su quei tedeschi finiti in Russia. Ma la traduzione dal cirillico è difficile e lenta..

Gli americani ancora in guerra con il Giappone e diffidando dei russi, gli accolsero per inquadrarli nell’ Operazione Paperclip (graffetta per fogli) un progetto segretissimo dell’agenzia denominata “joint intelligence” che reclutò oltre mille – forse 1600 – fra ingegneri, collaudatori e piloti di aerei a reazione che, ben stipendiati, rimasero in attività fra il 1945 e il 1960. Quasi tutti avevano militato nel nazismo e il personaggio più importante fu il barone Wernher Magnus Maximillian von Braun il protagonista della missilistica nella Germania nazista.

Era il novembre del 1937 quando entrò nel partito nazista e tre anni dopo divenne Untersturmführer delle SS. Himmler, l’organizzatore della “soluzione finale” della questione ebraica assieme a Reinharda Heidrych e Adolf Eichmann, lo promosse, perché evidentemente lo stimava, al grado di maggiore delle Sturmbannführer. Chissà se il genio della missilistica fosse all’oscuro dei campi di sterminio. Però le bombe volanti che lui progettava, venivano costruite nelle gallerie scavate da prigionieri di guerra francesi e polacchi nel monte Harz nella Bassa Sassonia. Sembra che ventimila uomini morirono per le fatiche di un diabolico lavoro coatto. Insomma erano schiavi. Cosa sapeva von Braun? Lui è passato alla storia come progettista di razzi che perfezionò fino alle famose V2 scaraventate sull’ Inghilterra. Ma il passato era stato rapidamente dimenticato perché incombeva la “guerra fredda” che da un istante all’ altro poteva diventare atomica. Era stato Winston Churchill nel marzo del 1946 a lanciare il famoso avvertimento: “Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa in tutto il continente. Dietro quella linea una cortina di ferro è scesa in tutta l’Europa. Dietro quella linea si trovano tutte le capitali degli antiche stati dell’Europa centrale e orientale: Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia. Tutte queste famose città e le popolazioni intorno a loro si trovano in quella che devo chiamare la sfera sovietica”. Churchill, “il ministro Ciurcillone” secondo la satira – si fa per dire – del MinCulPop, il ministero della cultura popolare fiore all’occhiello del fascismo, aveva ammirato Mussolini visto come l’ unico uomo capace di fermare Hitler, aveva parlato a Fulton nel Missouri di fronte ad un pubblico che comprendeva il Presidente americano Herry Truman dicendo che era iniziata la Guerra Fredda. Aggiunse che i partiti comunisti nell’ Europa orientale erano governi di polizia, governati da dittatori. Poi aveva aggiunto: “Questa non è certamente l’Europa liberata per la quale ci siamo battuti”.

Ci sono due versioni sui sentimenti suscitati da quel discorso. Gli americani avevano vinto il Giappone con le bombe atomiche e si sentivano invincibili ma minacciati dai comunisti; l’Unione Sovietica aveva perso oltre venti milioni di uomini combattendo i tedeschi. Stalin era molto popolare. In Francia, in Italia e negli Usa era chiamato “zio Joe”. In Inghilterra, che aveva vinto la guerra, solo nel settembre del 1953 finì il razionamento dello zucchero e il 4 luglio del 1954 quello della carne e degli altri generi alimentari soggetti a drastiche restrizioni – in Italia che seguendo Hitler aveva voluto e perso la guerra le carte annonarie sparirono nel 1949 – Churchill che metteva in guardia contro l’imperialismo sovietico subì la sconfitta nelle elezioni del 1945 per diventare leader dell’opposizione. Eppure dopo Dunkerque continuò a combattere il nazismo anche quando il ministro degli esteri lord Halifax pensò di fare la pace con Hitler. Sarebbe stata una tragedia perché la Germania avrebbe potuto schierare tutte le sue forze contro la Russia. Che sarebbe stata vinta e la Svastica avrebbe dominato dagli Urali a Lisbona.

Per la Guerra Fredda von Braun divenne un uomo chiave. Era stato il personaggio che più di ogni altro aveva portato la Germania quasi a cancellare Londra dalla faccia della terra e vincere la guerra. Forse gli scienziati di Hitler erano vicini a costruire la bomba atomica o magari un ordigno simile e von Braun aveva preparato i missili supersonici per scagliarla sulla capitale della “perfida Albione”. Di certo, fra tutte le macchine di distruzione elaborate dal 1914 al 1945, quelle di von Braun furono le più micidiali. Per fortuna dell’umanità arrivarono tardi quando l’industria germanica era già in ginocchio. Certamente von Braun già a tempi di Hitler pensava all’uomo nello spazio e il razzo V2 fu il primo veicolo che riuscì ad affacciarsi nell’ infinito raggiungendo, era il 1944, i 176 chilometri di quota.

Era il 19 febbraio 2021 quando la famosa sonda della Nasa denominata “Perseverance” il rover robotico più sofisticato e costoso fra quelli lanciati nello spazio, toccò il suolo e si fermò intatto sul “pianeta rosso” mentre in orbita giravano le macchine cinesi e quelle degli Emirati Arabi. Così dopo centoventi anni di romanzi, film, telefilm tutti di sofisticata fantascienza che raccontavano terrificanti attacchi marziani facendo venire un po’ di brividi anche agli spettatori più evoluti, siamo stati noi, abitanti della Terra a sbarcare sul Pianeta Rosso. Insomma, gli alieni siamo noi, altro che i leggendari marziani.

Euforia per il successo e stupore nell’apprendere che il padre dei terrestri-alieni era un nazista che negli Stati Uniti inventò, creò, perfezionò il programma spaziale a stelle e strisce. Grazie alle informazioni fornite al momento della resa dagli ex nazisti, gli americani mandarono subito i militari a Peenemünde e a Nordhausen – le due basi di lancio dei missili – per requisire quello che restava delle V2. Portarono via materiale stipato in trecento carri ferroviari, ma molto venne requisito dall’Armata Rossa.

Gli inglesi si infuriarono perché le V2 avevano ucciso 2754 londinesi; altrettanti civili morirono ad Anversa, il grande porto sul Mare del Nord. Per inglesi e belgi von Braun era un criminale di guerra, ma tutti avevano capito che la missilistica sarebbe stata l’arma del Ventesimo secolo. L’ex nazista era diventato un personaggio intoccabile.

La sua carriera nell'esercito statunitense fu fulminea. Già nel 1954 il gruppo di ingegneri tedeschi era pronto a lanciare un satellite nello spazio. Ma la Casa Bianca preferì quello della Nasa, il progetto Vanguard della Marina. Poi il 4 ottobre del 1957 gli Stati Uniti vennero colti di sorpresa dalla notizia del primo lancio di un satellite sovietico: lo Sputnik 1 (compagno di viaggio) nome oggi tornato di moda fra i vaccini anti morbo, lo Sputnik 5. Quel “bip-bip” che, puntuale, arrivava a dallo spazio aveva terrorizzato l’Occidente, all’epoca chiamato “mondo libero” perché si era capito che la Russia del compagno Stalin avrebbe potuto colpire e polverizzare ogni città del mondo. Cercando di correre ai ripari, venne anticipato il lancio del Vanguard al dicembre del 1957 (doveva essere pronto nel 1958). Ma il lancio fallì: il razzo che doveva potare il satellite americano in orbita, ricadde e diventò una enorme palla di fuoco. Allora Von Braun ebbe via libera e in soli tre mesi mise in orbita il primo strumento statunitense. Che segnò l’inizio del viaggio nell’ infinito.

C’è stato nella storia più recente dell’Europa un altro nazista divenuto importante: Hanns-Martin Schleyer, componente dell’Unione Cristiano Democratica e presidente della Confindustria della Germania Occidentale ai tempi del tragico muro. Nel maggio 1940, arruolato in un'unità di cacciatori di montagna della Wehrmacht, partecipò alla fase finale della campagna di Francia. Nei preparativi per l'invasione della Gran Bretagna, precipitò sulla costa settentrionale francese durante un'esercitazione di arrampicata, si fratturò le braccia e venne curato ad Innsbruck per riprendersi dalle ferite. Il 5 settembre del 1977 i terroristi della Raf, la Rote Armee Fraktion, lo rapirono dopo aver ucciso gli agenti della scorta, tutti tiratori scelti. La tecnica di assalto della Raf venne poi letteralmente copiata il 16 marzo del 1978 dagli assassini delle Brigate Rosse che in via Fani a Roma rapirono Aldo. Due sanguinose quanto inutili imprese di quel terrorismo nato dalla Guerra Fredda.

(5. continua)

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