Ratzinger contro matrimoni gay e divorzio

Ratzinger contro matrimoni gay e divorzio

di Luigi Sandri

Joseph Ratzinger torna sulla scena della Chiesa romana lanciando l’anatema contro nozze gay e aborto, definiti segnali dell’Anticristo. E così, per denunciare quelli che lui considera i peggiori mali del secolo, usa una immagine simbolica che nel Nuovo Testamento si riferisce invece al capofila dei negatori di Cristo.

“Ein Leben”, una vita, è il titolo di una nuova biografia del fu pontefice che, tra l’altro, riporta una sua intervista - anticipata ieri da alcuni giornali europei - intitolata “Le ultime domande a Benedetto XVI”. Un nome, questo, usato abusivamente perché,  essendosi dimesso da vescovo di Roma il 28 febbraio 2013, egli non potrebbe più chiamarsi con il nome che aveva assunto da pontefice, il 19 aprile 2005. Dunque, le considerazioni teologiche e le interviste da lui manifestate dopo il febbraio di sette anni fa, non hanno uno specifico valore magisteriale; e nessuna domanda può più essere posta a Benedetto XVI, ma solo a Ratzinger.

Attribuire al fu papa opinioni da lui espresse nel 2018, in colloqui con lo scrittore che lo ha intervistato, è un tentativo di dare a esse un particolare peso polemico (seppure sia vero che anche… da pontefice la pensava così sebbene, dalla cattedra di Pietro, non si fosse pronunciato in modo così drastico). Adesso, invece, egli, condanna aspramente i matrimoni omosessuali e l’aborto - temi sui quali all’interno stesso del mondo cattolico vi sono opinioni variegate sul come valutare leggi civili che regolano quelle due questioni.
Siccome Francesco, il papa regnante, almeno su uno delle due problematiche (i gay), ha usato parole che suonano diversamente da quelle di tipo apocalittico brandite come una spada dal predecessore, è inevitabile che alcuni ambienti ecclesiastici le interpretino come un monito cifrato al futuro conclave. E come una critica velata a Bergoglio che disse: «Chi sono io per giudicare un gay?».

D’altra parte, l’Anticristo di cui parlano le Lettere di Giovanni (redatte verso la fine del primo secolo, e certamente non scritte dall’apostolo omonimo) è “colui che nega il Padre e il Figlio”: perciò, esso è un epiteto durissimo lanciato contro quegli “eretici” che mille e novecento anni rifiutavano Gesù quale Messia inviato dall’Altissimo. Insomma, era in ballo la fede. Poi, lungo la storia, più volte avversari teologici o ecclesiali si sono lanciati a vicenda l’accusa di “Anticristo”. Martin Lutero, che nel 1517 lanciò le sue 95 tesi contro il traffico delle indulgenze, definì “Anticristo” l’allora papa Leone X; il quale scomunicò il monaco ribelle, chiamandolo “cinghiale”.

Gesù mise in guardia i suoi discepoli dal limitarsi a pregare “Signore, Signore”, poi però dimenticando di fare la volontà di Dio. E, quando, alla fine dei tempi, Cristo tornerà sulla terra (così credono i cristiani), tra i molti che Lui accuserà di essere stati “Anticristi” chissà che non ci siano anche tanti cristiani che, pur bene conoscendo l’Evangelo, non lo hanno poi messo in pratica.

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