Schützen a scuola, meglio evitare

Schützen a scuola, meglio evitare

di Quinto Antonelli

Gentile Direttore, vedo che la polemica innescata da alcuni articoli critici sulla presenza degli Schützen nella scuola elementare di Rovereto ha portato all’Adige lettere per lo più di difesa del loro ruolo culturale e pedagogico.

Non intendo replicare.


Non intendo replicare ad esse (anche se essere scambiato, come fa Loris Taufer, per un «autorevole esponente del centrosinistra trentino» mi fa ancora rabbrividire).

Ma nel merito ho già detto la mia e forse è l’ora di fare un passo di lato, ovvero di riflettere se le realtà associative che operano con finalità di testimonianza storica nella società civile debbono avere pari cittadinanza anche nella scuola. Lo faccio riprendendo alcune affermazioni che trovo in un documento del Collettivo Nicoletta Bourbaki (https://www.facebook.com/BourbakiNicoletta) che condivido e faccio mie.

In sostanza, si sostiene, che fino a quando ad essere invitati in classe erano i testimoni dei grandi eventi del Novecento (gli scampati allo sterminio, gli ex internati militari, i reduci dai fronti della seconda guerra mondiale, gli ex partigiani), questo aveva un senso educativo e didattico (gli alunni si trovavano davanti a un pezzo di storia, potevano capire come i grandi eventi storici si riflettevano sul destino del singolo, il testimone era, a modo suo, un documento vivente, una fonte, anche se comunque andava mediata dagli insegnanti).

Ma con la scomparsa dei testimoni diretti, le cose cambiano radicalmente. In cosa consiste, ora, il contributo delle associazioni che si fanno carico della testimonianza storica (gli Schützen, gli alpini dell’Ana, i soci dell’Anpi)? Che cosa possono portare di specifico e di così importante nella scuola da sostituire l’insegnante? Memorie. Afferma il documento del Collettivo Nicoletta Bourbaki. Memorie «secondarie», indirette, tramandate, narrazioni, visioni di parte, affermazioni ideologiche, com’è naturale che sia, trasmesse da volontari spesso con buoni intenzioni.

E qui sta il punto: gli alunni e gli studenti nelle poche ore dedicate alla storia hanno, al contrario, la necessità (direi l’urgenza, vista la deplorevole impreparazione anche dei nostri studenti universitari) di acquisire le grandi campate storiche, i quadri e poi i metodi e i concetti della storia (e fin dalle elementari i concetti di tempo e di spazio). E quando, su argomenti specifici, gli insegnanti si sentono impreparati o desiderano un approfondimento devono ricorrere ai professionisti della didattica storica. Su questo si deve essere fermi, si deve credere alle competenze, e non cedere al populismo storiografico predicato e praticato dagli Schützen.


Al di fuori dell’orario scolastico, sostiene ancora il documento che sto riassumento, nelle Scuole superiori, nello spazio delle assemblee degli studenti, le associazioni (Ana, Anpi, Schützen) possono proporsi e raccontare la propria testimonianza, affrontando eventualmente le domande, le curiosità e le critiche dei giovani.

Al di fuori della scuola, ogni manifestazione è benvenuta, anche quelle degli Schützen, che sembrano far di tutto per irritare «i manovali» della storia (tali siamo tutti noi che affondiamo letteralmente le mani tra le carte degli archivi), affermando ad ogni passo una loro visione integralista e metafisica dei fatti storici (l’esistenza, nonché il possesso della Verità!).

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