Una ricerca svela l'identità di Banksy: ma speriamo di non scoprire mai chi è

di Paolo Micheletto

E così, l’enigma Banksy sembra essere stato risolto. Ne sono convinti gli studiosi della Queen Mary University di Londra, secondo cui l’elusivo artista britannico, noto in tutto il mondo per i suoi graffiti, sarebbe al secolo Robin Gunningham, come già aveva ipotizzato il Mail on Sunday nel 2008, che aveva condotto una lunga e approfondita inchiesta per «smascherare» la sua identità. In questo caso però ci sarebbe la prova «scientifica» di quanto rivelato allora.

È stata utilizzata una tecnologia di localizzazione geografica, mutuata dalla lotta al crimine, che ha permesso di trovare una serie di corrispondenze fra i luoghi a Londra e Bristol dove sono apparse le opere attribuite al «writer» e una serie di indirizzi associati a Gunningham. «Sarei sorpreso se non fosse così - ha detto Steve Le Comber, uno degli autori dello studio - la nostra analisi ha dato ulteriore sostegno a quanto già si diceva. Se si cercano su Google Banksy e Gunningham si trovano 43.500 risultati».

Secondo gli studiosi, la stessa tecnica potrebbe avere un importante utilizzo nell’anti-terrorismo, ad esempio per analizzare i luoghi frequentati da estremisti, come quelli in cui si distribuiscono volantini o fanno graffiti contro le autorità, in modo da individuare e «seguire» potenziali attentatori, sebbene tutto questo sollevi diversi dubbi per quanto riguarda il rispetto della privacy. Robin Gunningham oggi avrebbe circa 42 anni e sarebbe stato educato da genitori middle class in una scuola privata di Bristol.

Certo che ci sarebbe molto da discutere sul fatto che i ricercatori di una prestigiosa università dedicano il loro tempo e le loro risorse a scoprire l’identità di Banksy. Il più contento non può che essere lo stesso artista, che ha fatto dell’anonimato e dei «blitz» in diversi parti del mondo una delle caratteristiche del suo successo. Queste ricerche non fanno altro che aumentare la sua fama. Parlare e comunicare solo con le opere (senza il contorno di dichiarazioni su tutto e tutti che tanto vanno di moda oggi) sembra la più grande provocazione. Il mondo non accetta che qualcuno voglia restare nell'anonimato e far parlare di sè solo nel modo che gli riesce meglio. Per questo speriamo che Banksy resti nel più stretto anonimato e continui a «comunicare» con i suoi graffiti capolavoro. Leggere una sua intervista sarebbe un duro colpo alla poesia e all’arte, ma anche alla fantasia. Scappa ancora, Banksy.

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