Ex vigilessa uccisa, il Gip dispone il carcere per l'indagato
La decisione all'esito dell'udienza e dell'interrogatorio
BOLOGNA. Il Gip del tribunale di Bologna Domenico Truppa ha disposto la custodia cautelare in carcere per Giampiero Gualandi, 62enne ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia, accusato dell'omicidio di Sofia Stefani, 33 anni, ex vigilessa.
All'esito dell'udienza e dell'interrogatorio, il giudice ha quindi accolto la richiesta della Procura, che coordina le indagini dei carabinieri, ravvisando la gravità degli indizi a carico dell'indagato. Il fermo non è stato convalidato, perché non è stato ritenuto sussistente il pericolo di fuga. Ma è stata comunque valutata l'esigenza cautelare.
Quando la pistola ha sparato, nella stanza del comando della polizia locale di Anzola Emilia, ieri pomeriggio, c'erano solo loro due. Non ha potuto raccontare cosa è successo Sofia Stefani, 33 anni, fino a pochi mesi fa vigilessa in servizio a Sala Bolognese: è morta subito, uccisa da un colpo al volto. Giampiero Gualandi, 62enne, ex comandante attualmente in servizio con un altro incarico, ha chiamato i soccorsi dicendo che c'era stato un tragico incidente: una lite con colluttazione e uno sparo partito per errore.
Aveva con sé l'arma e la stava pulendo, avrebbe spiegato, e la stessa versione è stata ribadita nelle dichiarazioni in serata a pubblico ministero e carabinieri, quando però ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande. Gli investigatori non gli hanno creduto, hanno anzi messo in fila indizi contro di lui e nella notte lo hanno fermato e portato in carcere per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo.
Nessuna volontà di uccidere, ma un tragico incidente, un colpo di pistola partito per errore durante una colluttazione nell'ufficio: l'ex comandante ha risposto per circa un'ora e mezza alle domande del giudice. Ha risposto confermando la versione già data nelle dichiarazioni di giovedì sera: la donna e il suo assistito avevano avuto una relazione che lei voleva portare avanti, lui invece voleva troncare.
Giovedì lei è andata nel suo ufficio, lui aveva con sé la pistola d'ordinanza che stava pulendo, c'è stata la colluttazione e il colpo sparato. "Tutto è durato tre minuti".
Il difensore, avvocato Claudio Benenati, si è opposto alla convalida del fermo e alla custodia cautelare in carcere, chiesta dalla Procura di Bologna.
"Secondo il giudice sussistono gravi indizi e ha disposto la custodia cautelare in carcere, pur non convalidando il fermo. Non siamo d'accordo e faremo ricorso di riesame al tribunale della Libertà", ha detto oggi l'avvocato Benenati
"È contestato nel capo di imputazione che la povera Sofia, a cui dobbiamo tutti portare rispetto, non accettava la fine della relazione ed era molto arrabbiata rispetto a questa cosa", aveva detto sempre Benenati, al termine dell'udienza di convalida davanti al Gip in tribunale a Bologna, dove il suo assistito si trovava a rispondere delle accuse dell'omicidio volontario aggravato di Sofia Stefani.
Per la difesa, "non è stato un gesto intenzionale". In questa situazione "la responsabilità per l'omicidio colposo è fuori discussione, il problema è l'intenzionalità, anche da un punto di vista logico". "Lui non sapeva che lei stesse arrivando, è arrivata all'improvviso", ha spiegato il legale. A questo punto "facciamo tutti gli accertamenti tecnici, la perizia balistica, ma non diamo per assodato e per certo che qui siamo di fronte ad un omicidio volontario".
Nel frattempo le indagini vanno avanti per ricostruire dinamica e comporre il contesto. I carabinieri del nucleo investigativo e quelli di Borgo Panigale, coordinati dal pm Stefano Dambruoso, dal pomeriggio hanno sentito testimoni per avere informazioni su quanto successo e sulla relazione tra i due.
Sarebbe stato lo stesso Gualandi, sposato, a raccontare da subito di un rapporto sentimentale con la donna ed ex collega di trent'anni più giovane. Rapporto con alcuni tira e molla, che lei voleva portare avanti, mentre lui voleva chiudere.
Questa ipotesi troverebbe riscontro in alcuni messaggi già acquisiti agli atti, che i due si erano scambiati. Anche il fidanzato della ragazza è stato sentito. Il contatto che ha portato all'incontro di ieri sarebbe stato di Stefani, che ha chiamato l'ex collega e lo ha raggiunto nella sede di lavoro.
È emerso che in passato, quando avevano lavorato insieme, la giovane aveva avuto in Gualandi un punto di riferimento per risolvere problemi di ufficio e i due avevano avuto anche attività sindacale in comune. Quello che è successo nell'ufficio di Gualandi non è documentato da immagini perché non ci sono telecamere di sicurezza.
Le altre persone presenti nell'edificio, la Casa Gialla, sede della polizia locale vicina al Comune, non avrebbero sentito grida o toni animati, ma solamente il colpo di pistola.
C'è un altro elemento che però dovrà essere approfondito. Circa mezz'ora prima dell'arrivo della donna, Gualandi è andato a prendere la pistola di ordinanza, custodita in un armadietto in un'altra stanza della centrale. Un gesto non abituale, avrebbero riferito testimonianze, dal momento che non c'era motivo di tenere con sé, durante l'incontro, l'arma di servizio che poi ha fatto fuoco e ha ucciso.
Secondo alcune fonti la pistola era caricata con più di un proiettile.
Si dovrà ricostruire se il gesto di uscire per andare a prendere l'arma fosse precedente o successivo al contatto con cui la donna si accordava con lui per passare in ufficio. Intanto le comunità di Anzola e di Zola Predosa, dove viveva la famiglia della vittima, si stringono nel dolore.
"Siamo di fronte a un grave caso di omicidio che ha portato via ai suoi cari e a tutta la comunità una giovane vita che guardava al mondo con fiducia e speranza e che ha trovato la morte in un luogo che per sua natura dovrebbe essere sicuro. Ora i familiari sono distrutti ma anche consapevoli della necessità di andare fino in fondo nel raggiungimento di verità e giustizia", dice l'avvocato Andrea Speranzoni, difensore dei genitori di Sofia Stefani. (ANSA)