Violenza / Le indagini

Fermato un uomo di 35 anni per l’aggressione alla psichiatra di Pisa: l’accusa è tentato omicidio premeditato

Intanto la dottoressa Barbara Capovani combatte tra la vita e la morte: ha subito un intervento chirurgico ma resta in gravissime condizioni essendo stata colpita più volte con un oggetto appuntito alla testa all’uscita del padiglione di psichiatria dell’ospedale di Pisa. Ora è in prognosi riservata

IL FATTO Psichiatra aggredita in ospedale a Pisa: gravissima

PISA. Un uomo di 35 anni, italiano, è in stato di fermo dalle prime ore di oggi, domenica 23 aprile, con l'accusa di tentato omicidio premeditato nei confronti della psichiatra Barbara Capovani, la psichiatra aggredita venerdì pomeriggio davanti all'ospedale Santa Chiara di Pisa e ricoverata in fin di vita, le sue condizioni sono molto critiche.

Intanto Barbara Capovani, come fa sapere l’Ansa, combatte tra la vita e la morte. La dottoressa, che ha subito un intervento chirurgico, è in gravissime condizioni dopo essere stata colpita più volte con un oggetto appuntito alla testa, forse da una spranga. Barbara, lasciata in terra nel sangue inerme e priva di coscienza all'uscita dell'edificio di psichiatria dell'ospedale Santa Chiara di Pisa, è ora ricoverata in prognosi riservata nella stessa struttura.

Nell'ultimo anno in Toscana si sono registrate 1.258 aggressioni ai medici. A parlare di “atto gravissimo che addolora nel profondo” è il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli. «Questa violenza - aggiunge - ci riporta alla mente il barbaro assassinio della psichiatra Paola Labriola. E in queste ore siamo tutti vicini alla collega, perché riesca a farcela, alla sua famiglia, e anche ai sanitari dell'ospedale».

Anche i medici e dirigenti Ssn Fp Cgil Toscana commentano «l'ennesimo atto di violenza nei confronti di un operatore sanitario. Un atto inqualificabile nei confronti di una professionista nell'esercizio delle proprie funzioni. Un atto vile - aggiungono - sono proprio le donne, infatti, a subire spesso queste violenze sul lavoro, retaggio culturale che emula le pulsioni della società. Il fatto che una donna, una professionista nell'esercizio della propria funzione, venga massacrata e ridotta in condizioni critiche deve aprire una profonda riflessione nelle istituzioni locali e regionali».

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