Migranti / La tragedia

Anche una reporter afghana in fuga da Kabul tra le vittime del naufragio in Italia

La giornalista Torpekai Amarkhel lavorava per l'Onu, morti in mare con lei anche il marito e due bambini, la terza figlia al momento risulta fra i dispersi

LA TRAGEDIA Naufragio, trovato a riva il corpo di un bimbo 
LE VITTIME A Crotone l'omaggio del presidente Mattarella

ROMA. Era stata costretta a fuggire dall'Afghanistan, trasformato dai talebani in un carcere femminile a cielo aperto, Torpekai Amarkhel (nella foto), la 42enne giornalista afghana morta nel naufragio del barcone a Steccato di Cutro.

Con lei avrebbero perso la vita anche il marito e due bambini mentre una terza bimba di 7 anni è ancora tra i dispersi, secondo quanto riferiscono alcuni media di Kabul.

La sorella della giornalista, Mida, è arrivata a Crotone da Rotterdam, tappa finale probabilmente del viaggio disperato di Torpekai. Ha dato mandato al pool di legali creato nella città calabra per assistere le famiglie delle vittime di rappresentarla nel procedimento giudiziario che scaturirà dall'indagine in corso alla Procura.

La morte della sorella ha gettato nello sconforto i colleghi dell'Unama, la missione di assistenza delle Nazioni unite in Afghanistan: "È una notizia devastante", si legge nei commenti di chi ci aveva lavorato fianco a fianco. Con l'Onu aveva collaborato per anni a Kabul al progetto 'Unama News', dopo un passato alla radio nazionale afghana. Da ultimo realizzava servizi fotografici sulla condizione delle donne, un mestiere messo al bando come tutti gli altri. Perché le donne in Afghanistan non possono lavorare se non in poche eccezioni, non possono uscire di casa senza velo e nemmeno andare al parco giochi con i propri figli, neppure con il burqa.

Dopo la caduta dei talebani nel 2002, "il giornalismo era una nuova frontiera per le donne nel Paese", ricordava qualche anno fa Torpekai. All'epoca lavorava con un team di giornaliste radiofoniche tutto al femminile. "Certo, ci sono più donne oggi che fanno questo mestiere - diceva nel 2017 -. Ma sul campo, fuori dall'ufficio si presentano in burqa, fanno le interviste con il burqa. Non è semplice convincerle che sia un lavoro importante per loro".

Sperava si potesse fare di più, senza lontanamente immaginare che solo pochi anni dopo il Paese sarebbe sprofondato nuovamente nel medioevo talebano.

E che lei sarebbe stata costretta a fuggire, imbarcarsi su quella barca maledetta che ha ucciso lei e i suoi cari. Annegati in Italia in una notte terrificante per scampare dall'inferno talebano.

comments powered by Disqus