Lavoro / Il caso

I giovani non hanno voglia di lavorare in cucina? La polemica pirotecnica dei grandi chef (e per Vissani «cercano solo la...»)

Alessandro Borghese tuona, perché non trova personale per i suoi ristoranti; Filippo La Mantia chiede di «capire» i ragazzi dopo gli anni di pandemia. Ma è lo chef umbro a dare una spiegazione… originale

di Gigi Zoppello

ROMA. Il fuoco alle polveri l’ha appiccato Alessandro Borghese. Chef, ma anche celebrità terlevisiva e «social». Che non è andato giù tenero: «Sono alla perenne ricerca di collaboratori, ma fatico a trovare nuovi profili, sia per la cucina che per la sala: non posso non pormi delle domande.

Diciamo piuttosto che i ragazzi, oggi, hanno capito che stare in cucina o in sala non è vivere dentro un set. Vuoi diventare Alessandro Borghese? Allora devi lavorare sodo. A me nessuno ha mai regalato nulla. Mi sono spaccato la schiena, io, per questo lavoro che è fatto di sacrifici e di abnegazione».

Ma Borghese, nella sua analisi, è andato oltre. Facendo infuriare molti: «I giovani preferiscono tenersi stretto il fine settimana per divertirsi con gli amici. E quando decidono di provarci, lo fanno con l'arroganza di chi si sente arrivato. E la pretesa di ricevere compensi importanti. Da subito. Sarò impopolare, ma non ho nessun problema nel dire che lavorare per imparare non significa essere per forza pagati. Io prestavo servizio nelle navi da crociera con "soli" vitto e alloggio riconosciuti. Stop. Mi andava bene così: l'opportunità valeva lo stipendio. Manca la devozione al lavoro. Alle volte ho come l'impressione che le nuove generazioni cerchino un impiego sperando di non trovarlo perché, quando poi li chiami per dare loro una possibilità non si fanno trovare».

Naturalmente la sua intervista (su Corriere della Sera Food) ha sollevato un vespaio, e tante polemiche. Ma i suoi colleghi chef sono dalla sua parte. Ma magari con dei distinguo, come Filippo La Mantia: «Dobbiamo cercare di stare accanto ai giovani e non sfruttarli, dobbiamo capire le loro esigenze perché vivono un periodo storico allucinante tra Covid, guerre, distanziamento, insicurezze, malattie» ha detto su Radio 24, tornando a parlare delle difficoltà a reperire lavoratori per i suoi ristoranti: «Ai ragazzi dico che fare sala è un'arte, noi italiani siamo votati all'accoglienza"».

Quanto al fatto specifico di non trovare personale, La Mantia ha puntualizzato «ho tre figli, quindi non potrei mai parlare male dei giovani, ho solamente detto che quando ci siamo fermati per il lockdown, tante categorie, io per primo, praticamente siamo stati chiusi a casa e abbiamo pensato al nostro stile di vita, nel nostro caso alla ristorazione. Ci sono come me tanti che hanno una vita compromessa, nel senso che facciamo il lavoro che ci impegna a 360°, ma i ragazzi, i giovani, probabilmente non ne potevano più fare un lavoro che non gli permettesse di vivere una vita praticamente normale e non vogliono più fare questo lavoro».

Quindi per La Mantia «non c'entrano niente gli stipendi, poi per carità non posso dire che tutti quelli che pagano i camerieri, cuochi, i barman, il lavapiatti… li trattino come oro, però nella mia categoria noi abbiamo una reputazione da difendere e non ci permetteremo mai di trattare male le persone».

A sparigliare tutto con verve umbra, è però Gianfranco Vissani, che prima (su Repubblica Bologna) offre lo stesso scenario. Ma poi trova una interpretazione diciamo originale…

«Oggi tutti vogliono strafare. Chef? Lo vedo scritto su troppi biglietti da visita, troppi si definiscono chef senza esperienza e formazione adeguati. Il reddito di cittadinanza? Una vergogna totale. Non si trova più personale in giro, educhiamo i nostri ragazzi al lavoro, al sacrificio, devono "sporcarsi le mani”» dice lo chef umbro.

«Ai giovani che si avvicinano a questo lavoro auguro tanta fortuna, ma ci vuole impegno, dedizione. Non si conoscono orari né feste» dice Vissani.

Ma poi, in una intervista al blog BlackList & MOW, apre nuovi scenari: «I ragazzi vogliono qualcosa di carino». Ovvero ? «È chiaro che questi giovani si trovano dal mio punto di vista… loro vogliono, scusa il termine e la volgarità, loro vogliono la figa e specialmente nei piccoli centri, chi te la dà la topa? È importante, sembra una cosa stupida, ma è importante: lo vedi che vanno all’estero, vanno a Londra, Monaco, Parigi».

Quindi davvero i giovani vanno alla ricerca di un po’ di… altro e non gliene frega niente di andare a lavorare? «No, non gliene frega niente. Tanto sanno che mamma e papà gli lasciano sempre qualcosa».

 

 

 

 

 

 

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