Crisi / Il caso

Una centrale nucleare in Veneto? Zaia si dice disponibile

Il governatore: «Io non soffro di feticismo energetico, non ho posizioni precostituite. Dico semplicemente che questo Paese deve mettere attorno al tavolo i massimi esperti e darsi un piano energetico nazionale»

VENEZIA. In questi tempi di crisi energetica, l’Italia sta considerando anche l’opzione delle centrali nucleari (il ministro Cingolani aveva già annunciato l’inserimento del nucleare come “energia pulita” nei fondi del PNRR). Ma dove costruirle? Il presidente del Veneto apre e non si tira indietro.

Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, la guerra in Ucraina dura da 53 giorni e gli effetti anche nel nostro paese stanno diventando pesanti tra caro energia e non autosufficienza alimentare. Che idea si è fatto?

«Siamo di fronte a conseguenze disastrose di una economia di guerra che rischia di portarci a una recessione. Il rapporto è inversamente proporzionale: meno dura la guerra e più l'economia può ripartire, più dura la guerra e più c'è il rischio di finire in recessione. Ma quello che è cambiato è la percezione del conflitto».

Vuol dire che non si condanna più Putin?

«Lo abbiamo condannato e lo condanniamo senza se e senza ma. Ma cinquanta giorni fa avevamo la certezza che il mondo avrebbe tifato per la pace. Oggi abbiamo la certezza che, non solo tra i contendenti, ma anche fuori del teatro di guerra c'è chi sulla pace non sta investendo poi tanto, la volontà è di inasprire i toni. Il Papa ne esce da gigante per la pace, e lo dico da laico».

I segnali che arrivano dall'economia veneta sono contraddittori. Il turismo è ripreso, c'è voglia di ritorno alla normalità come si è visto al Vinitaly, ma ci sono anche difficoltà nelle produzioni tra caro energia e difficoltà a trovare personale.

«L'economia veneta è come l'uomo davanti a un violento temporale: si mette al riparo in casa, ma appena esce uno sprazzo di sole c'è l'invasione delle piazze. L'estate 2021 ha fatturato più del 2019. Il bilancio assunzioni/licenziamenti è positivo. Il Veneto è pronto a una grande ripartenza dopo due anni di pandemia, ma il problema è che la guerra ci ha spiazzato tutti. E si è capito che su autonomia energetica e autonomia alimentare il Paese è debole».

La sua proposta di rivedere il Piano nazionale di ripresa e resilienza non avuto seguiti.

«Il Pnrr è stato ben pensato ma nonostante sia relativamente giovane, è di un'èra glaciale fa. Il fattore guerra ha scombinato i mercati e le nostre vite. Pensare che quel piano sia ancora attuale vuol dire essere fuori dalla storia. Oggi la priorità non è abbellire i borghi, ma fare in modo che i cittadini di quei borghi riescano a pagare le bollette».

Come si può diventare autosufficienti se dipendiamo dal gas della Russia?

«Intanto uscendo dalla posizione ipocrita e gattopardesca che siamo sempre i numeri uno, perché non è così. Abbiamo una dipendenza energetica che è imbarazzante. Ma dico anche che non si può dividere il mondo in due, gli intelligentoni che hanno investito sulle energie rinnovabili e gli altri etichettati come devastatori. Le rinnovabili le vogliamo tutti, ma si deve sapere che non sono sufficienti. Dobbiamo decidere che mix di energia vogliamo. Questo è un paese che vive nell'ipocrisia di non avere il nucleare di ultima generazione, ma ce l'ha alle frontiere, tant'è che abbiamo le pasticche di iodio in magazzino per la vicinanza con la centrale di Krsko, in Slovenia».

Lei accetterebbe una centrale nucleare in Veneto?

«Io non soffro di feticismo energetico, non ho posizioni precostituite. Dico semplicemente che questo Paese deve mettere attorno al tavolo i massimi esperti e darsi un piano energetico nazionale. E poi vogliamo dire cosa succede quando si parla di rinnovabili? L'eolico ha i comitati contro, l'idroelettrico non ne parliamo, sul fotovoltaico pure. Chi protesta si preoccupa dell'impatto ambientale, ma anche dell'arricchimento di chi investe. Ma, allora, se i problemi sono questi, basterebbe far diventare le energie rinnovabili un bene pubblico, anche se di certo non si sopirebbero le rimostranze dei comitati».

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