Salute / Norme

Da domani stop alle mascherine all'aperto, il parere di quattro esperti: «era meglio aspettare ancora un po’, ma al chiuso è essenziale»

Garattini, Ciccozzi e Ricciardi non sono d’accordo con la misura e ricordano che comunque è obbligatorio averla con se e indossarla in caso di folla. Lopalco: «non è per strada che ci si infetta»

REGOLE Cosa dice il nuovo decreto in vigore dall'11 febbraio

ROMA. Mascherine all'aperto, l’obbligo cessa da domani 11 febbraio, salvo alcune circostanze come eventuali assembramenti. Niente più dispositivo anti covid, quindi, che comunque dovrà essere sempre tenuto in tasca e usato all'occorrenza. Per toglierle al chiuso bisognerà invece attendere il 31 marzo. Ma cosa ne pensano gli esperti?

«Se si diffonde ottimismo, le persone si comportano da ottimiste. E' un errore, quindi, dire “togliamo la mascherina all'aperto'” con un numero di contagi ancora elevato. Teniamola invece, perché così acceleriamo la caduta del numero delle infezioni Covid». A dirlo all'Adnkronos Salute è Silvio Garattini, fondatore e presidente dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs.

«Se continuiamo invece a fare manifestazioni, per esempio con migliaia di persone allo stadio, non riusciamo a diminuire il contagio - avverte Garattini - La prudenza deve essere ancora la nostra bussola», ammonisce, ricordando che anche quest'anno «tenendo la mascherina abbiamo evitato anche l'influenza stagionale. A mio parere va tenuta anche all'aperto - ribadisce - fino a quando non avremo un sensibile e importante calo dei contagi. Quando scenderemo a qualche migliaio al giorno si potrà togliere con maggiore serenità. Si doveva aspettare».

«Io in questo momento non avrei tolto la mascherina all'aperto, avrei aspettato gli inizi di marzo, l'inverno che va via. E' vero che la curva dei contagi Covid sta diminuendo, però una diminuzione della curva vuol dire che ci sono sempre casi di contagio». Insomma, «capisco che sia un segnale, ma è una decisione più politica che epidemiologica», spiega Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma. «Noi adesso - ricorda - siamo anche nel periodo influenzale e la variante Omicron dà sintomi simil-influenzali. Molti, se si infettano perché la mascherina non si usa, non riconosceranno Omicron da influenza e quindi - pronostica Ciccozzi - andranno a intasare i pronto soccorso perché hanno paura di avere Omicron. La mascherina - ricorda l'epidemiologo - non ci ha protetto e non ci protegge solo dal Covid, ma anche dall'influenza stagionale».

Quanto alla possibilità di togliere le mascherine al chiuso, Ciccozzi è netto: «Le lascerei fino a che non vediamo che il virus si è endemizzato. Una volta che la pandemia diventa endemia, ovvero vediamo che per un periodo protratto nel tempo avremo un numero molto basso di contagi senza rialzi, allora potremo togliere tutto e dire basta, perché vorrà dire che il Covid è diventato un coronavirus normale. Ma fino ad allora - ammonisce l'esperto - dovremo portarle»

«Dire via la mascherina all'aperto tout court è sbagliato. In questo momento, nelle zone dove non ci sono assembramenti, si può togliere, ma va tenuta se ci sono molte persone vicine. Bisogna portarla sempre con se e metterla quando è necessario», sottolinea anche Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute e professore di Igiene all'università Cattolica.

«L'uso della mascherina all'aperto era già una misura eccessiva che aveva più una finalità 'didattica' che non un'efficacia diretta contro la pandemia. Sono assolutamente d'accordo sull'eliminazione dell'obbligo. Non è con questa misura che si possono far diminuire i contagi che, ricordo, non avvengono per strada, ma nei luoghi chiusi», afferma invece l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente Igiene all'Università del Salento.

«L'utilità della mascherina all'aperto - continua - è stata quella di ricordarne l'uso, fondamentale nei luoghi chiusi. Ma non è certo che camminando da soli in città che ci si infetta. I rischi sono nei comportamenti generali, nelle interazioni con le altre persone, soprattutto nei luoghi chiusi».

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