Politica / Lo scontro

Bufera sulle nomine ai Tg Rai, Conte. "M5S esautorato, non ci presenteremo più alla tv pubblica"

Il leader del movimento Cinque stelle attacca il nuovo amministratore delegato Carlo Fuortes: "Siamo alla degenerazione del sistema, ha scelto di esautorare partito di maggioranza relativa". Fibrillazione nella maggioranza proprio nelle settimane decisive dei voti sulla manovra finanziaria. I nuovi vertici giornalistici accontentano Pd, Lega, Fi e pure Fratelli d'Italia: nomi che però non piacicono a una parte del cda e potrebeb mancare la maggioranza per approvarli

ROMA

ROMA. Un terremoto tra i partiti di maggioranza, fibrillazioni nel Movimento Cinque Stelle, tensione nel consiglio di amministrazione.

Le prime nomine alle testate Rai dell'era Fuortes provocano una scia di recriminazioni e proteste, portate alla luce in particolare da leader M5S Giuseppe Conte, che annuncia: "Non andremo più nelle reti del servizio pubblico".

Nel mirino in particolare la scelta di portare sulla poltrona del Tg1 Monica Maggioni al posto di Giuseppe Carboni, ma è il quadro complessivo a suscitare forte delusione nell'ex premier, anche per il ruolo avuto nella vicenda da Palazzo Chigi.

I nomi sono arrivati questa mattina, dopo una battaglia fatta di veti incrociati tra le forze politiche.

Quando la partita sembrava sul punto di essere rinviata, l'ad Carlo Fuortes ha rotto gli indugi e inviato le proposte sul tavolo dei consiglieri.

Maggioni ha battuto la concorrenza degli esterni, oltre che di Simona Sala, gradita sia a Pd che M5s, poi dirottata al Tg3.

La scelta dell'ex presidente Rai non è piaciuta in particolare all'ala contiana di M5s, anche perché il direttore uscente Giuseppe Carboni è rimasto momentaneamente senza una collocazione: dovrebbe ottenere la direzione Day time al posto di Franco Di Mare, che potrebbe rimanere alla guida della sola Rai3 fino al pensionamento previsto tra alcuni mesi.

Andrà al timone della direzione Approfondimento, invece, Mario Orfeo in uscita dal Tg3.

Confermati, su spinta della Lega, Gennaro Sangiuliano al Tg2 e Alessandro Casarin alla Tgr.

Alla direzione del Gr Radio, al posto della Sala, andrà Andrea Vianello che lascerà il posto a Rainews a Paolo Petrecca, spinto da Fratelli d'Italia che chiedeva un risarcimento dopo l'estromissione del suo rappresentante in cda.

A Raisport l'indicazione dell'ad è Alessandra De Stefano al posto di Auro Bulbarelli, anche lui ancora senza incarico.

"Fuortes non libera la Rai dalla politica ma ha scelto di esautorare una forza politica come il M5s: siamo alla degenerazione del sistema e per questo il M5s non farà più sentire la sua voce sui canali del servizio pubblico", tuona il presidente M5s Giuseppe Conte che denuncia la vecchia logica di lottizzazione e si chiede: "che ruolo ha avuto il governo in tutto questo?".

Una posizione inaccettabile, dicono da Lega e Forza Italia, da parte di chi ha lottizzato nel corso del suo governo.

"Un anno fa mandava veline e immagini al Tg1, oggi annuncia che non andranno più in tv", attacca Matteo Renzi. L'ad difenderà domani nel cda che si terrà a Napoli le nomine, forte della scelta di aver premiato solo figure interne, di aver portato una donna con un curriculum importante per la prima volta alla guida del Tg1 e di aver dato il via alla direzione Approfondimento con un nome di spessore, ritenuto in grado di gestire i rapporti con il conduttori dei talk.

Ma le scelte hanno lasciato interdetto qualche direttore, che ha saputo della sua uscita all'ultimo momento, e la tensione con i consiglieri è alta.

Riccardo Laganà, Simona Agnes, Francesca Bria, Luigi Di Majo e Igor De Biasio hanno scritto ieri all'ad una lettera per chiedere un maggior coinvolgimento nelle decisioni, ma è arrivata solo una proposta di incontro per questa mattina alle 9 che i cinque hanno rifiutato, ritenendolo inutile perché troppo a ridosso della formalizzazione delle proposte di nomina, prevista entro le 11.30.

Il parere del cda è vincolante in caso di maggioranza dei due terzi. Se Di Majo dovesse votare contro la nomina di Maggioni sarebbe la prima volta che il direttore del Tg1 non ha il sostegno del partito di maggioranza relativa.

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