La storia / Olimpiadi

"La mia fantastica avventura ai Giochi di Tokyo, accanto ai cavalli della nazionale svedese"

Silvia Torresani, veterinaria di Riva del Garda, racconta i successi del team scandinavo del quale è la fisioterapista ufficiale degli animali in gara: «In Giappone abbiamo vinto meritatamente l'argento individuale e l'oro a squadre. Sono stanca ma felicissima!»

di Elena Piva

RIVA DEL GARDA. I trentaduesimi Giochi Olimpici resteranno anche nei sorrisi di Silvia Torresani, rivana volata a Tokyo in qualità di fisioterapista ufficiale dei cavalli svedesi.

Nata a Nogara (Verona), è cresciuta sin dalle prime settimane di vita a Riva del Garda, luogo caro ai genitori Carla e Bruno Torresani, ex amministratore delegato di «Aquafil» scomparso a giugno. Terminato il liceo scientifico al «Maffei», si è spostata a Bologna per frequentare i corsi universitari di medicina veterinaria, trasferendosi a Udine con il marito Massimo alla fine del 2002.

La dottoressa Torresani è specializzata in fisioterapia, agopuntura veterinaria e nel metodo «Tellington TTouch», un trattamento benefico che favorisce la comunicazione tra cavallo e cavaliere, stimolando i sensi dell'animale e conducendolo verso un percorso di apprendimento privo di coercizione.

Con il marito Massimo ha aperto «Bellavista Cavalli», centro di allevamento e riabilitazione all'avanguardia a Colloredo di Monte Albano, nel cuore del Friuli collinare.

Silvia, quali tappe l'hanno portata a diventare una veterinaria sportiva?

«L'amore profondo per cavalli e animali. Ho cominciato a montare a 10-11 anni, avendo il mio primo cavallo a 15 anni. Sognavo di fare la veterinaria e avere la possibilità di cavalcare nel tempo libero. Ora invece aiuto i cavalli degli altri a performare al meglio; quando non sono nelle scuderie dei clienti, lavoro con mio marito nel nostro allevamento. Prima di tutto però, sono mamma di Tommaso (15 anni) e Teresa (12 anni). Mi sono spostata da Riva nel 2002 quando mi sono sposata.

Dopo gli studi in medicina veterinaria ho seguito un collega specializzato in ginecologia e neonatologia dei puledri: quel tirocinio mi ha aiutata a comprendere che spesso negli allevamenti le cavalle vengono viste come macchine "sforna puledri", una visione molto lontana dai miei ideali. Da sempre ricerco un rapporto di comprensione e comunicazione. La mia passione per le competizioni mi ha spinta ad abbinare questi principi alla salute fisica e alle capacità sportive del cavallo, atleta quanto l'uomo.

Nel 2002 ho lavorato sei mesi negli Usa con una fisioterapista veterinaria, lì mi sono avvicinata all'agopuntura per cavalli: restandone affascinata, mi sono iscritta alla scuola di agopuntura in Belgio e diplomata nel 2003. Nel mentre, sono entrata in contatto con chiropratici e osteopati, studiando poi chiropratica veterinaria».

Quando è entrata a far parte del team della Svezia, che alle Olimpiadi di Tokyo ha conquistato oro e argento?

«Mio padre mi ha insegnato che, al di là dell'uscio di casa, è possibile trovare numerose opportunità, aprire la mente e cogliere importanti ispirazioni. Il legame lavorativo con la Federazione equestre svedese è arrivato in questo modo. A quel tempo seguivo la preparazione ai Campionato del mondo di un cliente residente in Danimarca. In quel frangente ho conosciuto l'importatrice di una ditta scandinava specializzata in selle. Mi ha proposto di tenere un corso di aggiornamento dedicato ai rivenditori.

Alcuni mesi dopo, in Svezia, ho incentrato il mio seminario sulla necessità di rispettare la biomeccanica del cavallo. Due giorni intensi, nei quali ho conosciuto il figlio di tale rivenditrice, oggi caposquadra del team svedese nel salto ostacoli. Nel Natale 2018 mi ha offerto il ruolo di fisioterapista veterinaria ufficiale. Ricordo la riunione di famiglia con mio marito e i miei figli, allora di 12 e 9 anni. Non ci hanno pensato due minuti: "mamma, devi andare!"».

Come sono cominciate le sue Olimpiadi?

«Nel febbraio 2019 ho partecipato alla finale di Coppa del Mondo a Gothenburg, il mio primo appuntamento con la squadra svedese.

Già allora organizzavano riunioni e incontri per un programma di preparazione alle Olimpiadi, specie per l'ambiente climatico del Giappone: a Tokyo in luglio fa molto caldo, il tasso di umidità è elevato. A giugno, a Stoccolma, abbiamo messo a punto gli ultimi dettagli e a fine luglio sono partita. I cavalli in gara a Tokyo hanno avuto una programmazione ineccepibile».

È difficile gestire lo stress degli animali durante gare di livello?

«Sicuramente, i cavalli hanno affrontato un volo con scalo a Dubai, 18 ore per raggiungere Tokyo. Fisico e psiche sono sottoposti a possibili forti stress e, come per una persona, possono essere più o meno sopportabili. A questo livello c'è molta attenzione, ogni cavallo ha un artiere che vive in sua funzione, lo mette a suo agio e ne soddisfa bisogno e necessità. Parte del mio lavoro durante le competizioni verte sul trattamento e sulla preparazione muscolare, ma avere un rapporto di connessione con i cavalli è essenziale: dono loro il mio cuore, li lascio liberi nei box quando lavoriamo assieme e cerco di conquistarne la fiducia. Amo capirli e saperli sereni.

Quando mi vedono arrivare nel loro box si rilassano, sanno che è il loro turno di comfort! In gara ricerco benessere fisico e psicologico. Ogni trattamento è studiato al dettaglio, c'è chi ha bisogno del mio lavoro alcune ore prima della categoria, chi richiede un'attenzione poco prima dello sforzo per stendere i nervi. L'adrenalina a Tokyo non è mancata!

L'obiettivo era qualificarsi alla finale individuale e di squadra, in questo sport l'errore è dietro l'angolo. Gli sport equestri sono l'unica disciplina in cui sono i due atleti appartengono a specie diverse, devono lavorare all'unisono».

Quali sensazioni ha portato a casa?

«Abbiamo vinto meritatamente l'argento individuale e l'oro a squadre. È andato benissimo, l'ambiente equestre tifava per noi! I nostri cavalieri hanno fatto un'impresa: mai un errore in qualifica, uno solo l'ultimo giorno. La cura dei dettagli, la precisa organizzazione, il rispetto delle individualità, associate alla semplicità, permettono di costruire una squadra forte. Sono grata e orgogliosa di essere parte del team. Ma un enorme grazie va a mio marito che, anche in questa occasione, si è preso in carico la nostra famiglia e le nostre attività. Sono stanca ma felicissima!»

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