Scuola / Il caso

«Classi pollaio», i sindacati attaccano la giunta, che però tira dritto

Cgil e Flc contro la delibera di Bisesti: «Siamo certi che le risorse ci sono». Ma il dirigente Ceccato non ci sta: «servirebbero 40 o 50 milioni, è impossibile»
LA PROTESTA Genitori e ragazzi in piazza Dante

TRENTO. Anche i sindacati Cgil e Flc del Trentino chiedono che diventi strutturale la riduzione del numero di bambini e studenti per classe, limitando in tutti i modi possibili i rimescolamenti tra le classi per tornare alla situazione pre-covid. 

«Mettere al centro la qualità dell'istruzione e l'interesse dei ragazzi e dei bambini trentini vuol dire investire in un futuro migliore per la nostra comunità. In questo senso - si legge in una nota - ogni euro speso a questo scopo non è sprecato. Crediamo allora che ci possano essere margini per ridurre il numero di bambini e studenti nelle classi trentine. Il limite di 25 alunni per classe, che arriva a 28 e anche più nella formazione professionale, può e deve diminuire».

«Siamo consapevoli che ridurre il numero di bambini e ragazzi per classe è un costo importante per le casse della Provincia, ma siamo altrettanto certi che si possono trovare le risorse per farlo se si ritiene l'istruzione una priorità su cui investire», aggiungono i sindacati.

Il doppio richiamo ai costi, è una risposta al dirigente dell’Istruzione, Ceccato, che due giorni fa aveva motivato il ritorno alle «classi pollaio» proprio con gli alti costi: «Quegli investimenti straordinari, che sono stati necessari in tempi di emergenza sanitaria non sono più ripetibili, quindi per ora non sono stati messi a bilancio: bisognerà dunque aspettare la finanziaria per decidere come accompagnare il prossimo anno scolastico. Che sarà comunque complicato».

Ceccato si diceva ottimista: «Se tutto procede come sembra, a settembre i ragazzi dovrebbero essere già vaccinati e così si potrà contare sull’immunità di gregge, con tutte le conseguenze del caso. In questo momento non sarebbe giusto impegnare risorse pubbliche per un’ipotesi di distanziamento che è tutta da validare dal punto di vista sanitario, e che con tutta probabilità non sarà necessaria». Con questo, la Provincia non vuole rinunciare ad assumersi le sue responsabilità: «Resta alta l’attenzione per le situazioni particolari - riprendeva Ceccato - e su questo si deve lavorare per decidere quanto investire».

«Tuttavia ipotizzare già da ora una situazione d’emergenza non è possibile, il sistema non può reggere 233 classi in più per il terzo anno di fila» spiegava il dirigente.

Le cifr? «Nel periodo totale - spiegava Ceccato  - sono stati considerati tra i 40 e i 50 milioni di euro complessivamente. Non sono stati spesi tutti, ma non ne resteranno molti».

La Provincia rifiuta poi il concetto di “classi -pollaio”. «La media di studenti per classe in Trentino è di 20 - 21 ragazzi, con alcuni casi in cui la presenza è più alta, ma in genere quando si hanno più di 25 studenti, si riesce ad intervenire. Si tratta di numeri ragionevoli. Tornare a regime pre-Covid significa dunque passare da 18 a 22 ragazzi per classe, e oggettivamente non è un gran cambiamento. Bisogna inoltre ricordare che in Italia la media di ragazzi per classe è intorno ai 28».

La decisione della giunta di andare incontro al prossimo anno scolastico come se nulla fosse, prevedendo dunque la stessa organizzazione che esisteva prima dell’arrivo della pandemia da Covid anche in Trentino, solleva le perplessità di quanti temono che purtroppo ci vorranno più di tre mesi per tornare alla normalità. Inoltre nelle scorse settimane sono arrivate al Dipartimento istruzione numerose segnalazioni da parte di istituti, associazioni di genitori e organi didattici per chiedere confronto, coinvolgimento e programmazione, così da recuperare un anno terribile. E oggi la manifestazione in piazza di genitori e ragazzi.

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