Covid / La campagna

Maxi-fornitura di vaccino Pfizer, in arrivo in Trentino altre 22 mila dosi (ma siamo lenti a farle)

Le fiale entro i prossimi due giorni, da Roma l’ordine di accelerare, noi dovremmo passare dalle 2.346 di oggi (dovevamo farne oltre 3 mila) a 4.300 al giorno, cioè il doppio: ce la faremo?

TRENTO. Il più grande lotto di vaccini arrivato finora in Italia in un colpo solo - 2,2 milioni di dosi di Pfizer, tra oggi e domani - può rilanciare la campagna che negli ultimi giorni ha un po' segnato il passo dopo i record di quelli precedenti (335 mila e 263 mila somministrazioni rispettivamente domenica e lunedì). E al Trentino sono destinate 22 mila dosi, che saranno disponibili nel fine settimana.

Sono stati superati i 20 milioni di dosi distribuite alle Regioni, che ne hanno inoculate circa il 90% e ora tornano a rischiare la penuria. In 7 giorni arriveranno 5 milioni di dosi, altri 15 milioni per metà maggio, 31 a giugno, secondo stime del Commissariato all'emergenza, che crede ancora possibile a breve l'obiettivo di mezzo milione di iniezioni al giorno.

E in Trentino? Secondo il comunicato stampa della provincia "nelle 162.721 somministrazioni raggiunte stamattina ci sono anche 41.837 richiami, 55.087 dosi riservate a ultra ottantenni, i 38.637 degli ultra settantenni e le 22.780 finora effettuate nella fascia 60-69 anni".

Però...  in Trentino solo 2.346 vaccinazioni nelle ultime 24 ore, raffrontando le comunicazioni della Provincia (ieri erano 160.375, oggi il comunicato dice che sono 162.721). In ritardo, quindi, sul target chiesto da Roma (3.100 al giorno). Peggio ancora, in prospettiva: da domani il pèiano nazionale ci richiede 4.300 vaccinazioni al giorno, cioé il doppio di quelle fatte nelle ultime 24 ore.

Sono oltre 13 milioni gli italiani vaccinati con almeno una dose, il 21,7% della popolazione. Un livello di protezione parziale o totale, c'è da notare, che la Gran Bretagna aveva raggiunto a febbraio, in pieno lockdown duro, mentre in Italia si è riaperto gran parte del Paese da due giorni. Tra i cittadini che hanno ricevuto almeno una dose c'è il 65,5% degli over 70: un segno chiaro dell'accelerazione della campagna. Secondo Roberto Cauda, infettivologo del Policlinico Gemelli di Roma, "bisognerà aspettare fine maggio per vedere l'impatto delle vaccinazioni sui contagi e le vittime, la prima decade di maggio per vedere quanto le riaperture incidono sui contagi".

"Secondo diversi modelli matematici raggiungeremo l'immunità di gregge in autunno", aggiunge il professore. Ad ottobre, proseguendo all'attuale ritmo di vaccinazioni. Il problema di mantenere i livelli raggiunti e di aumentarli lo pongono soprattutto le Regioni più efficienti, come il Lazio - che attiva il certificato vaccinale digitale -, "dove ne potremmo fare 80 mila al giorno invece degli attuali 40 mila", dice l'assessore alla Sanità Alessio D'Amato.

Il nodo potrebbe di nuovo essere AstraZeneca. "A maggio inizieranno i richiami - afferma ancora l'assessore laziale - in particolare forze dell'ordine e personale della scuola", che hanno avuto la prima dose di AstraZeneca a febbraio. Bisognerà vedere se ci saranno dosi a sufficienza nei tempi giusti. "Le attendiamo a fine mese - fanno sapere fonti del Commissariato all'emergenza -. La distribuzione sarà a seguire. La quantità verrà resa nota a breve", assicurano.

 Pfizer, ormai caposaldo della campagna, potrebbe essere impiegato con la seconda dose fino a 42 giorni, come ha scelto di fare la Germania per vaccinare quante più persone parzialmente tra i grandi Paesi europei. In Italia è consentito posticipare il richiamo del vaccino statunitense-tedesco, ma lo fa solo il Trentino finora.

Intanto Janssen, produttrice di Johnson&Johnson, riconosce un ruolo causale del suo preparato monodose in casi molto rari di trombosi, per i quali è stato bloccato negli Stati Uniti. E dagli Usa arriva un dato preoccupante: oltre 5 milioni di persone non si sono presentate per la seconda dose di Pfizer o Moderna - i vaccini di gran lunga più impiegati -, l'8% di chi ha ricevuto la prima. I motivi principali: paura degli effetti collaterali o l'idea di essere già abbastanza protetti. 

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