Il Papa ammonisce i vescovi «Non vivano da faraoni»

La gestione del denaro non sempre all’insegna della trasparenza, la crisi delle vocazioni dovuta agli scandali e un numero delle diocesi italiane eccessivo. Il Papa apre l’assemblea della Conferenza Episcopale Italiana ed espone, senza tanti giri di parole, le sue tre «preoccupazioni». Chiede ai vescovi di fare passi in avanti, propone soluzioni concrete, ma invita loro anche ad intervenire in maniera franca: «Parlate apertamente, non è peccato criticare il Papa, qui si può fare», dice con una battuta.

La gestione del denaro e la necessità di trasparenza resta in cima ai pensieri del pontefice. Parlando ai vescovi italiani ha detto di essere «preoccupato per quanto riguarda il denaro e la trasparenza. È una contro-testimonianza parlare di povertà e vivere come un faraone». Non va bene «trattare il denaro senza trasparenza e gestire i beni della Chiesa come se fossero beni personali». E plaude invece a quel vescovo che non usa mai i soldi della diocesi, «ma paga dalla sua tasca», se invita a cena qualcuno. Il pontefice ha sottolineato che «fa molto male sapere che un ecclesiastico si è fatto manipolare o, peggio, ha gestito in maniera disonesta gli spiccioli della vedova». Poi ha riconosciuto che la Cei «ha fatto molto sulla via della povertà e della trasparenza ma ancora si può fare un passo in avanti».

Una seconda preoccupazione è quella della crisi delle vocazioni, «il frutto avvelenato della cultura del provvisorio e della dittatura del denaro». Ma Francesco ha fatto presente che tra le motivazioni ci sono anche «gli scandali e la testimonianza tiepida», tutti fattori «che allontanano i giovani dalla vita consacrata». Non ultimo l’«inverno demografico» che da anni colpisce l’Italia e conseguentemente anche il numero di nuovi religiosi. «Quanti seminari saranno chiusi per la mancanza di vocazioni? Dio lo sa».

Ma Francesco non si limita all’analisi, offre ai vescovi anche un’idea concreta, quella di prestarsi sacerdoti da una diocesi all’altra. In alcune zone c’è aridità, in altre sovrabbondanza, ha fatto notare, citando per il primo caso il Piemonte, per il secondo la Puglia. E allora «pensate ad un sistema fidei donum dentro l’Italia», dice facendo riferimento al sistema di trasferimento dei sacerdoti che già esiste dalle diocesi italiane per le missioni all’estero. «Vediamo se siete capaci di fare questo», invita il Papa.

Una richiesta come quella di mettere mano «al più presto» alla questione dell’accorpamento delle diocesi, 226 in tutta Italia, il doppio delle province, tanto per avere un ordine di grandezza della questione. Se c’è «una terra abbandonata non si può fare», riconosce il Papa parlando di realtà dove non ci sono più università e altre istituzioni civili, ed è rimasto sul territorio solo il vescovo. Ma questa non è la regola. Bergoglio ha ricordato di avere cominciato a porre questo problema nel 2013, subito dopo la sua elezione, e che comunque la questione era aperta fin dai tempi di Paolo VI. «È un argomento che si trascina da troppo tempo, penso sia giunta l’ora di concluderlo al più presto», ha concluso Papa Francesco.

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