Gentiloni, rilanciare l'Europa anche con «velocità variabili»

Superare le divisioni, per fare ripartire un’Europa che sembra inceppata, guardando all’appuntamento di Roma del 25 marzo come una possibile svolta per il futuro dell’Ue.

È con questo messaggio che il premier Paolo Gentiloni si presenta al tavolo del vertice dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea.

E raccoglie il plauso della cancelliera tedesca Angela Merkel: «Se guardo agli input arrivati» da Italia, Malta, Juncker e Tusk «sono ottimista che avremo una buona dichiarazione di Roma», che indicherà  «la direzione generale» per l’Ue ma «non vogliamo scrivere un nuovo Trattato», ha affermato. Poi, ha precisato che oggi non è stato discusso il testo ma i principi generali.

«Il motto» resta «che siamo uniti nella diversità» e questo deve essere assicurato «dando spazio a creatività e innovatività» nei vari settori, ha aggiunto.

«Nella dichiarazione di Roma - spiega Gentiloni - non ci sarà una decisione anticipata tra gli scenari del Libro bianco», presentato dalla Commissione europea. «Su quello si discuterà nel lunghissimo periodo - afferma il premier -, si tratta di dare un segnale politico sul breve termine».
Gentiloni ha quindi spiegato che il negoziato sul testo di Roma «andrà avanti nei prossimi giorni e certamente si chiuderà, mi auguro con esito positivo, qualche giorno prima di Roma, certo all’ingresso del Campidoglio».

«La sfida importante - ha aggiunto Gentiloni - è giocare la carta del rilancio, in uno dei momenti più difficili dell’Unione».

Un auspicio peraltro subito sporcato dalla rottura della Polonia che si mette contro gli altri 27 sulla rielezione del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Episodio che il premier derubrica a «divergenza molto nazionale e molto contingente» e che a suo parere non impatterà sulla discussione in programma domani, preparatoria per la dichiarazione che sarà siglata il 25 marzo durante le celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma.
Il tema tuttavia è già stato toccato ieri nei colloqui tra i leader. Dai quali, dice Gentiloni a fine giornata, «appare evidente che noi non possiamo stare fermi di fronte alle sfide, ma l’Ue non può muoversi con la velocità del vagone più lento.

Chi ha una minore disponibilità all’integrazione va tenuto a bordo ma questo non può impedire a chi vuole scegliere un passo più veloce di farlo».

È l’Europa a più velocità che inizia a prendere forma.
«Dalla regia che cercheremo di dare domani - spiega Gentiloni - mi auguro escano indirizzi per stilare una bozza definitiva di dichiarazione che abbia un suo peso».

Qualche dettaglio concreto potrebbe emergere già il 15 marzo a Strasburgo, dove Gentiloni è stato invitato dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani a parlare davanti alla plenaria insieme al presidente della Commissione Juncker, al presidente del Consiglio europeo Tusk e al premier maltese Joseph Muscat.

La visione italiana, ribadisce Gentiloni, in ogni caso è sempre quella di un’Europa più inclusiva, che non lasci indietro nessuno. Si lavora, dice, «per mettere in agenda l’impegno per la crescita e la protezione sociale». Il fatto che ci siano dati incoraggianti per l’economia europea, sottolinea infatti il premier, «non significa che immediatamente questo si traduca in conseguenze sul piano sociale e sui cittadini. Non bisogna accontentarsi mai dei soli dati macroeconomici».

Ieri intanto sul tavolo dei 27 era in agenda un altro tema cruciale per l’Italia, quello delle migrazioni. Stiamo cercando di «far funzionare le intese» con la Libia, il Niger e altri Paesi, dice il premier. Se funzioneranno, spiega si riuscirà a fare anche sulla rotta del Mediterraneo centrale il passo necessario. Anche se questo, ammonisce, «non significa illudere il popolo italiano sull’estinzione del fenomeno migratorio ma renderlo più gestibile e quindi meno fonte di tensioni sul piano sociale e politico interno».

L’idea delle velocità varibili sembra la rivoluzione copernicana per il post Brexit, ma in realtà l’Europa a più velocità esiste già nei fatti da tempo, dall’euro a Schengen. Ed è anche prevista dal Trattato di Lisbona, tramite la possibilità delle cosiddette cooperazioni rafforzate come quelle sul brevetto Ue e sul divorzio.

EURO, L’UE A DUE VELOCITÀ. La moneta unica è l’esempio più eclatante di un’Ue a due velocità dove una maggioranza di Paesi, a oggi 19, ha deciso di avanzare dotandosi di una moneta comune.
A restare fuori, grazie al meccanismo chiamato dell’ ‘opt-out’, la Gran Bretagna e la Danimarca, più la Svezia. Gli altri 6 Paesi Ue attualmente senza euro (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia, Romania e Bulgaria) hanno il dovere di entrarvi ma solo quando una serie di criteri macroeconomici saranno rispettati.

SCHENGEN, L’EUROPA A GEOMETRIA VARIABILE. Un chiaro caso di Europa a geometria variabile è l’area Schengen per la libera circolazione delle persone. Ne fanno parte solo 22 stati membri su 28, in quanto 2 hanno l’opt-out (Gran Bretagna e Irlanda), e 4 non soddisfano ancora i criteri per entrarvi (Croazia, Cipro, Bulgaria e Romania). Vi partecipano però anche 4 Paesi non-Ue: Svizzera, Norvegia, Islanda e Liechtenstein.

DIVORZIO E BREVETTO, UE A PIÙ VELOCITÀ. Possibilità introdotta dal dicembre 2009, le cooperazioni rafforzate possono applicarsi solo nelle materie in cui l’Ue non ha competenze esclusive: politica estera e di sicurezza comune, difesa, giustizia e mercato interno-economia. Tranne per quelle relative alla difesa, che non richiedono un numero minimo di Paesi partecipanti, negli altri casi è fissata una soglia minima di 9 stati membri. Chi resta fuori deve essere libero di potersi unire in futuro. Al momento sono operative le cooperazioni rafforzate sul brevetto unico europeo (26 Paesi) e il divorzio (17 Paesi). Quella per una ‘Tobin tax’ Ue è al momento arenata, mentre è sul punto di partire quella sul Procuratore europeo.
L’Italia partecipa a tutte tranne all’ultima, ritenendo la proposta poco ambiziosa.

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