Per i giovani la vita precaria ormai è normalità: sondaggio

Il 65% dei giovani romani è pronto a rinunciare a contratti regolari e diritti dei lavoratori.

Questo perché per i nati negli anni ‘90, e ancora di più per i millenials (i nati dopo il 2000), la crisi è lo scenario nel quale sono cresciuti e la precarietà lavorativa non è solo un argomento di discussione ma un’esperienza concreta. Sono i risultati della ricerca «Avere 20 anni, pensare al futuro» realizzata da Acli di Roma e provincia e Cisl di Roma Capitale e Rieti in collaborazione con l’Iref e presentati oggi presso l’Aula magna del Rettorato della Sapienza di Roma durante il convegno «Lavoro per i giovani: priorità delle famiglie, futuro per il Paese».

L’iniziativa è stata realizzata in sinergia con il Centro per la Pastorale Familiare del Vicariato di Roma nell’ambito della «Settimana della Famiglia» del Forum delle Associazioni Familiari del Lazio.

I sentimenti che i giovani intervistati associano al futuro sono confusione (36%), precarietà (26,6%) e angoscia (26,3%) ma anche speranza (per il 61,3%). Proprio per questa profonda insicurezza legata al proprio futuro, molti sono disposti a rinunciare anche a diritti fondamentali pur di avere o mantenere un lavoro: il 28,2% direbbe addio ai giorni di malattia, il 26,6% alle ferie, l’11,1% alla maternità. Il 30,3%, poi, non avrebbe difficoltà ad accettare un impiego che non corrisponda al proprio corso di studi. Per accelerare il passaggio dalla formazione al lavoro, per il 57,1% dei giovani sarebbe necessario incentivare le forme di alternanza tra scuola e lavoro. Diverso il discorso legato all’università: le motivazioni di chi sceglie di frequentarla sono da ricercare nella possibilità di trovare un impiego coerente con i propri interessi (41,8%), la difficoltà di trovare occupazione senza un titolo universitario (36,9%) e l’opportunità di trovare un lavoro redditizio (34,2%).

Infine, emerge dalla ricerca come, per i giovani romani, sia determinante il ruolo della dimensione economica anche nella scelta di costituire una famiglia propria. Tra gli intervistati il 77,6% si dichiara ‘molto d’accordò nel riconoscere la necessità di un lavoro stabile per mettere su famiglia.

Per Lidia Borzì, Presidente Acli Roma, «questi dati pesano come macigni e rappresentano un campanello d’allarme importante»; per questo è necessario «promuovere un’alleanza per il lavoro». «La nostra esperienza come sindacato di territorio - rileva Paolo Terrinoni, segretario generale della Cisl di Roma Capitale e Rieti - ci dà la misura esatta della condizione di estrema fragilità di molte famiglie e di tanti, troppi giovani.

Giovani che sempre più spesso sono costretti ad accettare, per necessità, lavori sempre più precari, malpagati, se non in nero». «Il tema del lavoro - commenta mons. Andrea Manto, responsabile del Centro per la Pastorale Familiare Vicariato di Roma - acquista oggi una particolare rilevanza, sia perchè rappresenta una grande preoccupazione per le famiglie, impensierite dalla precarietà e dall’assenza di opportunità che non permette di guardare al futuro con fiducia, sia perchè richiede una nuova cultura del lavoro in modo che la vita lavorativa non depauperi l’ambito delle relazioni costitutive dell’essere umano, come la vita di coppia, l’educazione dei figli, l’accoglienza della vita, che sono temi fondamentali per la società e per il bene comune, non soltanto in una visione della vita di tipo religioso».

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