Da attore a regista Mc Gregor a Roma

Da Trainspotting a Pastorale Americano, da attore a regista. Lo scozzese Ewan McGregor esordisce dietro la telecamera con un dramma cupo e di alta derivazione letteraria: American Pastoral.

Il suo film è il primo evento dell’XI edizione della Festa del Cinema di Roma e in sala dal 20 ottobre con Eagle Pictures. Un libro non da poco quello di Philip Roth che, proprio per quest’opera edita in Italia da Einaudi, ha vinto il premio Pulitzer.

Un film, quello del neo-regista, sulla fine dell’American Dream che «esplora due generazioni Usa in rotta di collisione - spiega a Roma McGregor -: quella del dopoguerra in conflitto con i figli, contrari alla guerra del Vietnam e con tanta voglia di cambiare le cose».

Ma soprattutto è la storia della fine del sogno della vita felice del protagonista, Seymour «Lo svedese» (interpretato dallo stesso McGregor), un vincente nato, quando si ritrova ad avere grossi problemi con la figlia.

Lo Svedese è uomo che dalla vita ha avuto tutto: bellezza, carriera, soldi, una moglie, Dawn Levov (Jennifer Connelly), ex Miss New Jersey e una bambina a lungo desiderata, il cui mondo va lentamente a pezzi quando la problematica figlia, Merry (Dakota Fanning), ormai adolescente, compie un atto terroristico che provoca una vittima.

Come è possibile che una tragedia di questo tipo sia accaduta proprio allo Svedese, a un campione di sport e di vita che per tutta la sua vita ha incarnato il Sogno Americano? «Questa esperienza da regista mi ha radicalmente cambiato la vita - dice l’attore, che ha lavorato con George Lucas (Guerre stellari), Tim Burton (Big Fish), Woody Allen (Sogni e delitti) e Roman Polanski (L’uomo nell’ombra) -. Ti ritrovi a fare conversazioni creative con lo sceneggiatore, il costumista, il direttore della fotografia. Ma quello che mi ha entusiasmato di più è il rapporto con gli attori. Tutte le scene si può dire che le abbiamo costruite insieme. E poi - conclude - devi gestire le paure degli altri mentre nessuno pensa alle tue. Devo dire che dopo questa regia mi sento più adulto».

Rubare agli altri registi, sottolinea McGregor, «è stato inevitabile. Ho preso un pò da tutti, bravi e meno bravi. Certo, ho guardato molto a Danny Boyle. È stato il mio primo regista ed è lui che mi ha definito in quanto attore».

Il fatto che Ewan McGregor sia padre nella vita l’ha certamente aiutato nel suo ruolo: «La recitazione è allo stesso tempo esperienza e immaginazione. Per fare un serial killer puoi usare la sola fantasia, per fare un padre usi l’immaginazione, ma anche l’esperienza».

A Jennifer Connelly, anche lei a Roma per presentare American Pastoral, una sola domanda, ovvero del famoso ballo con David Bowie nel film Labyrinth di Jim Henson: «Ero molto impacciata, ma lui è stato gentilissimo e da allora è diventato il mio eroe».

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