Petrolio, Renzi sfida i pm «Mio quell'emendamento»

Dell'inchiesta che ha indagato il compagno dell'ex ministro Guidi ed il comandante della Marina, Giuseppe De Giorgi, Matteo Renzi non ne sapeva nulla «perché in un paese civile esiste la distinzione tra potere esecutivo e potere giudiziario». L'emendamento alla legge di stabilità, che sbloccava il giacimento Tempa Rossa, invece, «è roba mia». Matteo Renzi rivendica «con forza» la ratio della norma al punto che se i pm lucani vogliono sentirlo, come faranno con Guidi e Boschi, lui è pronto «ad essere interrogato su quello che vogliono».

Dal ritorno dagli Usa, il premier ha deciso ieri di rispondere colpo su colpo all'assedio intorno al governo scatenatosi dopo l'intercettazione che ha spinto l'ex titolare del Mise a dimettersi. E che ora ha nel mirino il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, colpevole, secondo il premier, solo di aver fatto il suo lavoro. Non un complotto, «non ci credo dai tempi del Processo di Aldo Biscardi», chiarisce Renzi, ma la saldatura della «santa alleanza» delle opposizioni che mirano a logorarlo in vista del referendum costituzionale di ottobre, su cui il leader dem punta tutte le sue fiches. Ma, precisa dopo l'attacco della Boschi ai poteri forti, «non definirei Grillo e Berlusconi poteri forti, piuttosto pensiero debole».

Il premier non solo non arretra per la scelta di sbloccare il giacimento petrolifero Total ma anzi rilancia. Mettendoci la faccia: «C'è il presidente del Consiglio che è coinvolto se questo è il tema: ho scelto io di fare questo emendamento, lo rivendico per forza. Le opere pubbliche sono state bloccate per anni e l'idea di sbloccare le opere pubbliche l'abbiamo presa noi per Tempa Rossa, per Pompei, per Bagnoli e per altre opere». Lo sblocco dell'opera lucana rientra dunque nella filosofia, per il premier, di un governo decisionista che ha deciso di mettere fine a ritardi decennali sulle opere pubbliche. «Ci dicono a noi che siamo quelli delle lobby quando noi abbiamo fatto la legge su reati ambientali, le pene sull'anticorruzione. Dire che noi siamo quelli delle lobby a me fa, tecnicamente parlando, schiattare dalla risate», ironizza il leader dem, ospite di «In mezz'ora».

Una difesa a spada tratta delle scelte del governo che anticipa la linea di oggi alla direzione Pd, che avrà tra i punti caldi la scelta del non voto in vista del referendum sulle trivelle. Alla sinistra che critica la linea dell'«andare al mare», il premier la riconferma pur mitigandola: «È una legge che ha fatto il Pd, è evidente che spera che fallisca ma chi vuole andare a votare, scelga liberamente che cosa votare». In realtà, è proprio la minoranza dem che ha evitato il corto circuito tra le perforazioni in mare e la vicenda lucana, tenendo un basso profilo. D'altra parte, sostiene il premier, anche i rischi di danni ambientali in Basilicata non sono al momento accertabili perché «dopo 27 anni non è stato tirato fuori un goccio di petrolio perché le autorizzazioni sono state rinviate».

Nulla da nascondere, dunque, secondo il governo, al punto che Renzi è pronto anche ad un chiarimento, se richiesto, con la magistratura che però non era e non sarebbe nemmeno ora intenzionata a sentirlo.

«Non è l'emendamento in sè il problema - ribadisce - ma se qualcuno commette atti illeciti. Se ci sono opere, non vanno bloccate le opere, se qualcuno ruba va bloccato il ladro». Anche sul fronte della battaglia politica il premier vuole votare al più presto la mozione di sfiducia.
Sulle banche come su Tempa Rossa, «il comportamento del governo è impeccabile e specchiato». «Sono un ragazzo di Rignano sull'Arno, possono dirmi che non sono capace ma non disonesto», assicura il presidente del Consiglio.

Intanto i magistrati proseguono il lavoro: interrogatori, agenda da riempire e un ricorso da depositare: la settimana che comincia oggi sarà per i pm di Potenza impegnati nell'indagine sul petrolio - che ha risvolti politici non meno delicati di quelli giudiziari - molto importante proprio per il futuro dell'inchiesta stessa, che ha portato giovedì scorso sei persone agli arresti domiciliari - l'ex sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino (Pd), e cinque dipendenti dell'Eni (sospesi dalla compagnia) - con due ordinanze del gip e all'iscrizione di 60 persone nel registro degli indagati. Gli interrogatori di garanzia e l'agenda dei pubblici ministeri sono collegati: prima cominceranno quelli degli arrestati, ma l'attenzione generale è già concentrata sull'interrogatorio dell'ex ministra Federica Guidi - che si è dimessa il giorno stesso degli arresti - e della ministra Maria Elena Boschi, citata dalla sua collega quando era prossimo l'inserimento nella legge di stabilità di un emendamento necessario a far procedere i lavori a Corleto Perticara (Potenza), dove la Total sta costruendo il secondo centro oli lucano per sfruttare 50 mila barili di petrolio all'anno dal 2017. Guidi e Boschi saranno sentite a Roma, mentre i pm non pensavano si sentire il premier Renzi, che si è offerto per essere ascolato.


OPPOSIZIONE ALL'ATTACCO

In settimana le opposizioni depositeranno in Parlamento le mozioni di sfiducia contro il governo, ma in attesa dei testi, non si placa lo scontro tra Matteo Renzi ed il Movimento Cinque Stelle. Dopo l'annuncio di una doppia querela da parte del premier per quanto dichiarato da Beppe Grillo e da Luigi Di Maio, il botta e risposta non accenna a finire.

Ospite della trasmissione In Mezz'ora, il capo del governo ribadisce ieri che il comico genovese «deve rispondere di ciò che dice». Parole a cui subito replicano i pentastellati. Dopo la presa di posizione dei due big del Movimento Alessandro di Battista («Confermo le accuse») e Di Maio («La querela? È una nota di orgoglio»), ieri a «scendere in campo» è un altro dirigente di primo piano del Movimento: «Ma cosa mai potrà significare, come dice Renzi, emendamento giusto, telefonata sbagliata? Qui proprio si sente il rumore delle unghie di Renzi sugli specchi. Rumore acuto di chi sta arrivando al capolinea», scrive Roberto Fico, presidente della commissione di vigilanza della Rai.

Un affondo a cui fa eco un lungo post, sempre targato M5s, sul blog del comico genovese: «Siamo alle comiche - scrivono i grillini - il Bomba ha annunciato che querelerà Grillo e il MoVimento 5 Stelle perchè hanno osato dire ciò che è sotto gli occhi di tutti, cioè che questo è un governo asservito alle lobby del petrolio e delle banche, invischiato in conflitti di interessi giganteschi, che fa leggi non per i cittadini, ma per garantire gli affari del compagno dell'ex ministro Guidi o per salvare la banca del padre della Boschi».

E se i Cinque Stelle annunciano battaglia in aula con la mozione mentre per oggi hanno organizzato una manifestazione in Basilicata, il resto delle opposizioni affila le armi. Per il capogruppo di Sinistra Italiana a Montecitorio, Arturo Scotto «ormai tutti i nodi stanno venendo al pettine. È tempo - sottolinea - di affrontare questa crisi in Parlamento è tempo di un governo diverso avvertiamo questa urgenza».

Chi ostenta sicurezza poi è il leader della Lega Nord Matteo Salvini. Il segretario del Carroccio forte dell'accordo con il resto del centrodestra per la presentazione insieme di una sfiducia contro il governo non ha dubbi sull'esito della mozione: «Conto che possa passare». «Noi - è la convinzione del leader leghista - dobbiamo prepararci per il giorno dopo». La mia sensazione è che la vittoria sia vicina».

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