Il ritorno dopo la missione di solidarietà con i profughi Anche alcuni trentini a Idomeni: l'Europa apra le frontiere

Si appresta a rientrare in Italia la missione di solidarietà con i profughi bloccati al confine greco macedone che ha visto anche la presenza di una dozzina di trentini. Ora si annuncia per domenica prossima, 3 aprile, una manifestazione al Brennero, contro la chiusura dei confini. E si programma anche una nuova "carovana" verso la Grecia, per portare aiuti ai profughi bloccati e destinati, secondo i piani europei, a essere trasportati nei campi allestiti in Turchia con i finanziamente garantiti dalla Ue al contestato governo di Ankara.

«Un gruppo di attivisti è tornato anche oggi al campo dove ha montato una tenda con punto elettricità, prese elettriche per la ricarica del telefono, zona wi-fi per collegarsi ad Internet, un info point per facilitare così la possibilità di richiedere il riconoscimento d'asilo in Grecia.
Da ora in avanti quest'area sarà anche illuminata in quanto è adiacente ai servizi igienici che erano totalmente al buio», lo scrivono in Fb gli attivisti che partecipano alla carovana di solidarietà con i profughi accampati a Idomeni, sul confine graco-macedone.

La misisone solidale Overthefortresse, che vede la partecipazione di qualche centinaia di persone, è sia un'azione concreta di aiuto sia un momento di lotta politica per denunciare la chiusura delle frontiere europee e il trattamento considerato disumano che viene riservato alle persone in fuga dalle guerre e dalla disperazione.

«È stato donato un generatore anche alla tenda dell'info-point e all'area bimbi. strutture già presenti al campo. In questo modo si potrà costruire un cinema per i bambini all'aperto.
La campagna ha inoltre donato una cassa audio e elettrificato anche un piccolo palco costruito precedentemente dai migranti stessi.
Overthefortress ha voluto lasciare all'interno del campo qualcosa di permanente che provi in minima parte a migliorare la difficile vita delle persone che ci vivono.

Due attivisti della campagna, inoltre, rimarranno al campo di Idomeni: da oggi continueremo ad essere presenti in staffetta e stiamo già pensando a lanciare un altro viaggio collettivo in Grecia», prosegue il post nel profilo Fb di Melting Pot Europa. Il gruppo, che ha anche dato vita a un corteo a Salinicco per denunciare le politiche europee e l'accordo con la Turchia per fermare i profughi, si appresta ora a rientrare in Italia. 

«L'Europa che vogliamo non chiude le frontiere, non fa accordi sulla pelle dei migranti con dittatori, ma accoglie e garantisce i diritti a coloro che sono in fuga da guerre, terrorismo e miseria», spiegano i ragazzi dopo il corteo.

«#‎Overthefortress‬, campo di Idomeni - Un'altra notte di freddo e pioggia. Le persone bloccate nel fango e in condizioni disumane, alcune di loro sono qui da più di un mese, non perdono però la dignità e la speranza. Stanno protestando con striscioni, slogan e cartelli sui binari, a pochi passi da un confine che anche oggi rimarrà chiuso. Idomeni è il simbolo di un'Europa ipocrita che ha perso il senso della ragione e il rispetto dei diritti basilari sanciti in tante convenzioni. Solo l'enorme solidarietà che si sta esprimendo dal basso è un piccolo ma importante argine al baratro», si legge in un altro post.

«Siamo arrivati in trecento- ci ha detto Stefano Bleggi del centro sociale Bruno - da varie zone d'Italia. Dal Trentino siamo in dodici, ragazzi di vari gruppi, dal Bruno al collettivo Refresh passando per la Polisportiva Clandestina. Abbiamo viaggiato da Ancona con la carovana #overthefortress, organizzata da Melting Pot. Resteremo fino a lunedì, per portare aiuti concreti, ma anche per testimoniare quello che sta accadendo qui».

Vedere con i propri occhi quello che i media riportano, di tanto in tanto, è completamente diverso. «Stando sul posto la percezione della gravità di quanto accade qui cambia. Stiamo monitorando da mesi, conosciamo attraverso altri ragazzi la situazione, ma esserci fa indubbiamente un certo effetto. Due aspetti mi hanno colpito: la quantità di bambini e le condizioni vergognose del campo. Qui ci sono circa diecimila persone che "vivono", anzi, metti tra virgolette la parola vivono, perché quello, al massimo, è sopravvivere, in un enorme campo, una sorta di limbo, un girone infernale degli esclusi, in attesa di capire cosa accadrà loro. La maggior parte sono siriani, ma ci sono anche molti afgani, oltre a iracheni e iraniani. La loro nazionalità, comunque, è poco importante: la questione sono i diritti umani, non le bandiere».

Voi provate a dare un aiuto concreto, portando oggetti utili e solidarietà. «La fase di distribuzione è delicata, perché ci sono tante persone che hanno bisogno di tutto. Ci siamo organizzati per evitare resse e consegnato quanto portato con due furgoni. Poco fa abbiamo assistito a un parto all'interno di una tenda, con delle attiviste che hanno aiutato una ragazza a dare alla luce il proprio bambino. Ma le condizioni sono disumane. Queste persone, però, non demordono: vogliono stare qui e sognano di proseguire il loro viaggio. Questo fa capire quanto siano ancor più drammatiche le condizioni nei loro Paesi».

La staffetta continuerà. «Sì, dei ragazzi resteranno sempre qui a dare una mano e portare aiuti. Ci stiamo coordinando anche con Medici Senza Frontiere, che hanno criticato con forza le politiche europee nei confronti dei profughi. Credo che questa massiccia presenza dimostri che non c'è solo un'Europa che chiude: ci sono anche persone solidali capaci di aiutare chi ne ha bisogno».

 

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