Il 16 marzo 1978 fu rapito Moro Molti gli aspetti ancora oscuri

La mattina del 16 marzo 1978, il presidente della Dc, Aldo Moro, veniva rapito in via Fani, poco dopo essere uscito dalla sua abtiazione. Nell’agguato stradale furono assassinati i cinque agenti di scorta.

Dopo 55 giorni di prigionia e il fallimento di ogni ipotesi di trattativa tra le Br e lo Stato, Aldo Moro fu ucciso e il suo corpo fu lasciato all’interno di una Renault 4 rossa, parcheggiata in centro a Roma, in via Caetani, a poco distanza dalle sedi dei due partiti maggiori, la Dc e il Pci, interpreti in quel periodo di un avvicinamento delle due correnti ideologiche ai fini dell’estensione dell’area di governo. Si trattava della stagione del compromesso storico, auspicata dal leader comunista Enrico Berlinguer e da Moro, osteggiata dalla destra della Dc e dall’estrema sinistra.

Con il sequestro Moro si concluse bruscamente questa stagione di collaborazione fra i due grandi partiti di massa.

L’inchiesta della Procura generale di Roma sul sequestro Moro è ancora aperta, dopo l’opposizione all’archiviazione presentata dai familiari delle vittime di via Fani «e c’è anche un altro indagato». Lo annuncia l’avvocato Valter Bioscotti che rappresenta la parte civile.

«Non è questo tuttavia il problema. C’è la volontà di andare fino in fondo? La magistratura e la commissione d’inchiesta hanno le spalle coperte per arrivare alla vera verità? Cosa c’è ancora di indicibile tra le pieghe nascoste della inchiesta? Perché i Br nuovamente sentiti dalla Procura generale tacciono? Una cosa è certa: la strage di via Fani e il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro è tutta un’altra storia rispetto a quella che oggi conosciamo», ha detto oggi il legale.

Su retroscena, motivazioni, eventuali mandanti e atteggiamento della maggioranza del mondo politico (che, specie per volontà della dirigenza Dc, rifiutò ogni trattativa con i terroristi) la polemica non si placa a 38 anni da quel tragico evento. E ancora molti tasselli della vicenda storica non sembrano al posto giusto.

Oggi il presidente della Republica, Sergio Mattarella, ha disposto la deposizione di una corona di fiori in via Mario Fani.

«Una ferita profonda nella storia della Repubblica è stata inferta il 16 marzo di 38 anni fa dalla mano brigatista», afferma in una dichiarazione.
«La memoria di quel giorno di sangue e di dolore è ancora viva in noi, suscitando forti sentimenti di solidarietà e un accresciuto senso di responsabilità verso la democrazia, il bene comune, il futuro della nostra comunità. Il primo pensiero deferente - aggiunge Mattarella - è rivolto a Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino, i 5 uomini della scorta di Moro che in via Fani vennero barbaramente uccisi nel compimento del loro dovere. Alle loro famiglie esprimo la mia vicinanza e gratitudine per come hanno affrontato l’indicibile sofferenza e per la dignità con cui hanno reso testimonianza ai loro cari.
Per Aldo Moro il 16 marzo fu l’inizio di un tremendo calvario, che si concluse con la sua morte. L’azione dei terroristi assassini determinò, oltre al prezzo delle vite umane, pesanti conseguenze nella vicenda del Paese».

Una unanime standing ovation dell’aula della Camera ha accolto oggi le parole del presidente del consiglio Matteo Renzi, quando ha ricordato la strage di via Fani, rendendo omaggio alle vittime del rapimento e alle loro famiglie.
Tutti i deputati ed i componenti del governo si sono levati in piedi ad applaudire.

E una targa che ricorda Aldo Moro e gli agenti della sua scorta uccisi il 16 marzo del 1978 nell’agguato di via Fani, a Roma, è stata scoperta oggi a Oristano dalla figlia dello statista, Agnese, e dal sindaco della città Guido Tendas.

«Dopo 38 anni accanto al ricordo, l’impegno a fare luce è obbligo morale, politico e civile», afferma il senatore Luigi d’Ambrosio Lettieri (CoR), componente della commissione parlamentare di inchiesta sulla strage di via Fani, il sequestro e l’assassinio dello statista pugliese Aldo Moro.

«Il 16 marzo di 38 anni fa veniva rapito Aldo Moro, mentre i cinque uomini della sua scorta - ricorda d’Ambrosio Lettieri - venivano barbaramente assassinati nel nome di una fantomatica, pretesa e pretestuosa giustizia del popolo, sotto i cui colpi cadevano, invece, proprio il popolo e la democrazia.
Allo statista pugliese sarebbe toccata la stessa sorte il 9 maggio. A distanza di 38 anni questa tragedia resta coperta da ombre inquietanti che feriscono a morte la nostra coscienza di cittadini e di uomini delle istituzioni.

Quest’anno cade il centenario della nascita di Aldo Moro. E io vorrei rinnovare il mio impegno, nell’ambito della commissione parlamentare di inchiesta insediatasi due anni fa, per la ricerca della verità - non già giudiziaria - ma civile e politica, su quanto accadde nei giorni tragici del sequestro Moro, che hanno profondamente condizionato il corso della storia del nostro Paese. Commemorare senza fare luce sarebbe un atto ipocrita. Fare luce è un obbligo morale, politico e civile.

Aldo Moro e gli uomini della sua scorta - conclude - ci hanno consegnato il significato più profondo di cosa voglia dire essere al servizio della comunità. Il ricordo di un evento così brutale diventi, quindi, occasione di riscatto per recuperare un’etica della responsabilità preziosa e indispensabile per il futuro democratico del nostro Paese».

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"1070861","attributes":{"alt":"","class":"media-image"}}]]

comments powered by Disqus