Punti nascita, le deroghe del ministero fanno sperare Cavalese, torna in ballo Tione

I punti nascita periferici con meno di 500 parti all'anno possono salvarsi

di Flavia Pedrini

I punti nascita periferici con meno di 500 parti all'anno possono salvarsi. A riaprire la partita e allontanare lo spettro della chiusura è l'atteso decreto della ministra della salute Beatrice Lorenzin. Un provvedimento firmato l'11 novembre scorso, con il quale si apre alla possibilità di sperimentazione in aree montane di punti nascita inferiori ai 500 parti annui, a condizione che vengano mantenuti gli standard di qualità e di sicurezza previsti dalla normativa.

E se Cavalese a questo punto può davvero sperare di salvarsi, anche per il punto nascita di Tione - nonostante i soli 137 parti all'anno - la partita non è chiusa. Il decreto ministeriale va nella direzione auspicata dalla Provincia di Trento - ad inizio ottobre il governatore Rossi e l'assessore Zeni avevano incontrato il sottosegretario al ministero della salute per chiedere una maggiore flessibilità sulle chiusure - e prevede una deroga rispetto a quanto stabiliva l'accordo Stato - Regioni firmato nel 2010. Un accordo sottoscritto anche da piazza Dante, che altrimenti avrebbe dovuto adeguarsi entro il 2016 e chiudere i punti nascita con un numero di parti inferiore ai 500, standard di sicurezza fissato a livello internazionale.

Se per Cles (435 parti nel 2014) e Arco (385), il rischio di una chiusura appariva più remoto, visto che i numeri erano vicini allo standard richiesto, le sorti di Cavalese e Tione apparivano invece segnate. Almeno fino ad ora. Le richieste di accedere alla sperimentazione, che dovranno essere avanzate da Province e Regioni, saranno esaminate dal Comitato percorso nascita nazionale, chiamato ad esprimere il proprio parere entro tre mesi rispetto al mantenimento in attività di punti nascita con meno di 500 parti.

E la Provincia di Trento, come conferma l'assessore alla salute Luca Zeni, è decisa a chiedere una deroga per tutti i punti nascita periferici con nascite inferiori al minimo richiesto, compreso Tione. «Chiederemo di accedere alla sperimentazione per tutti i punti nascita». Anche se non vi è certezza sull'accoglimento della richiesta, è chiaro che questo decreto rappresenta il primo passo per introdurre anche in Italia modelli sperimentali di erogazione del servizio di ostetricia già esistenti in altre zone montane d'Europa, come Svizzera, Austria o Germania, tenendo conto non solo del numero di parti, ma anche delle caratteristiche del territorio e della qualità delle prestazioni offerte. Il decreto ministeriale è stato salutato con soddisfazione dall'intergruppo parlamentare per la montagna, che in questi mesi ha fatto pressing sul governo.

«Ringraziamo il ministro Lorenzin e il sottosegretario De Filippo - commentano l'onorevole Enrico Borghi e il senatore Franco Panizza, rispettivamente presidente e vicepresidente dell'intergruppo - per aver dato seguito a quanto avevamo avuto modo di sviluppare. Si aprono in questo modo le strade per una iniziativa dal basso che, attraverso le Regioni e le Province Autonome che vorranno cimentarsi in questa sperimentazione, possa consentire anche all'Italia di raggiungere gli standard già presenti in altri paesi europei. Ora la palla passa ai territori, e se leggiamo questa apertura del governo in parallelo con la Strategia nazionale aree interne che proprio della riorganizzazione sperimentale dei presidi medici e sanitari fa uno dei propri capisaldi, comprendiamo come questo possa essere il momento nel quale attivare le migliori energie e le migliori capacità dei territori in vista del raggiungimento dell'obiettivo di non sguarnire le montagne italiane di servizi di cittadinanza garantendone al tempo stesso la qualità».


 

Ospedale di Tione

In valle si rimane coi piedi per terra: «La nostra prerogativa - spiega Giorgio Butterini, presidente della Comunità delle Giudicarie con competenza in sanità - è quella di mantenere il massimo servizio e qualità nell'ospedale di Tione, però non trovo grandissimo conforto in Provincia se è vero quello che ho letto sulla riorganizzazione nei giorni scorsi, quindi un incontro con l'assessore Zeni è necessario. Si era parlato di un centro di eccellenza per l'ortopedia e non mi pare che Tione compaia fra le tabelle date alla stampa in questo ambito. Sul punto nascite, se l'orientamento dell'assessore è quello di mantenere Tione non possiamo che rallegrarci. Vediamo. Rimango in un atteggiamento molto cauto ma vorrei che la questione ospedale di Tione fosse considerata nella sua globalità, in modo che anche noi possiamo esprimerci in una logica di corresponsabilità, ma anche nella consapevolezza che le Giudicarie devono avere un presidio ospedaliero all'altezza della situazione».

Ospedale di Cavalese

In Val di Fiemme la cautela è il filo conduttore di ogni ragionamento. Giovanni Zanon, presidente della Comunità Territoriale della Val di Fiemme, dice: «Aspetto di capire meglio come stanno le cose. Il nostro ospedale è sotto la soglia dei 500 parti (263 lo scorso anno, un numero simile è previsto anche per il 2015 ndr), e non vorrei che Roma concedesse da una parte e togliesse dall'altra». Il presidente, 35 anni di lavoro proprio all'ospedale, spiega: «Se il Ministero dice che ci dà la deroga ma nello stesso momento ci dice che devono essere garantiti degli standard e dei servizi che sono economicamente insostenibili, allora la deroga mi sembrerebbe solo un contentino di facciata». Per il presidente, la vera questione sono le risorse economiche e tecniche: «Lo dico da tempo e in ogni occasione: i nostri ospedali di valle si salvano solo se ci sarà una presenza di professionisti a rotazione che possano garantire standard elevati». Per Zanon le notizie romane e le affermazioni dell'assessore Zeni, aprono uno spiraglio: «Devo dare atto che sia la Giunta provinciale e il senatore Panizza hanno operato bene in condizioni difficili e il neoassessore Zeni mi sembra molto attivo. Cavalese, il cui ospedale in questi giorni festeggia i 60 anni di vita, ha bisogno di una struttura moderna».

Ospedale di Cles

«Sarebbe assurdo mettere in discussione l'esistenza di un servizio solo per una questione di numeri. Il punto nascita di Cles funziona bene e dunque ben venga il decreto Lorenzin per la sua sopravvivenza, ma questa non deve apparire come "gentile concessione" del Governo». Il sindaco di Cles Ruggero Mucchi esprime soddisfazione per la norma che di fatto «grazia» l'ospedale del capoluogo noneso, dove nel 2014 sono venuti alla luce 435 bambini. «Siamo assillati da parametri e soglie minime, ma per un territorio come il nostro perdere il punto nascita sarebbe drammatico. Pensate a chi da Vermiglio dovrebbe andare fino a Trento per partorire».

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