Europa, aumentano le diseguaglianze di reddito e la povertà

In Europa ci sono 342 miliardari (con un patrimonio totale di circa 1.340 miliardi di euro) e 123 milioni di persone - quasi un quarto della popolazione - a rischio povertà o esclusione sociale.
È la fotografia scattata da «Un’Europa per tutti, non per pochi», il nuovo rapporto sulla disuguaglianza, lanciato oggi da Oxfam.

Un quadro che riguarda anche l’Italia: nel nostro paese il 20% degli italiani più ricchi oggi detiene il 61,6% della ricchezza nazionale netta, mentre il 20% degli italiani più poveri ne detiene appena lo 0,4%.

Tra il 2009 e il 2013 il numero di persone che viveva in una condizione di grave deprivazione materiale, vale a dire senza reddito sufficiente per pagarsi il riscaldamento o far fronte a spese impreviste - è aumentato di 7.5 milioni in 19 paesi dell’Unione europea, inclusi Spagna, Irlanda, Italia e Grecia, arrivando a un totale di 50 milioni. In Italia dal 2005 al 2014 la percentuale di persone in stato di grave deprivazione materiale è aumentata di 5 punti (dal 6,4% all’11,5%).
Sono quasi 7 milioni di persone, e tra di loro ad essere più colpiti sono i bambini e i ragazzi sotto i diciotto anni.

Dalla classifica che ordina gli Stati membri dell’Unione europea secondo 7 parametri (tra questi disuguaglianza di reddito, deprivazione materiale, divario retributivo di genere), appare chiaro che nessun Paese è immune da elevati gradi di disuguaglianza, con Paesi come Bulgaria e Grecia che registrano il peggior risultato. Se la disuguaglianza nel reddito disponibile è maggiore in Bulgaria, Lettonia e Lituania, è importante rilevare che anche paesi come Francia e Danimarca hanno visto un aumento di questa dimensione della disuguaglianza tra il 2005 e il 2013.

Anche chi ha un lavoro è a rischio di cadere nella trappola della povertà: questa probabilità è particolarmente alta anche in Italia, dove l’11% delle persone tra i 15 e i 64 anni che lavorano è a rischio di povertà - un dato che ci posiziona al 24° posto tra i ventotto paesi dell’Unione Europea. Anche in paesi traino della UE, come la Germania questo dato sta aumentando.

Sempre in tema di reddito da lavoro, l’Europa non è immune dal divario salariale tra uomini e donne: sono Lettonia, Portogallo, Cipro e Germania gli stati nei quali le discriminazioni retributive sono più gravi.

La classifica mostra anche come le politiche di governo possano contribuire ad accrescere o diminuire le disuguaglianze: «il sistema fiscale e previdenziale svedese, per esempio, è il più avanzato in Europa e favorisce una riduzione delle disuguaglianze di reddito del 53%, mentre il sistema fiscale e previdenziale italiano, tra gli ultimi posti della classifica, ha permesso nel 2013 una riduzione della disparità di reddito solo del 34%».

«Un’Europa per tutti e non per pochi» rivela anche che «il grande potere d’influenza dei super ricchi, delle multinazionali e di una parte del settore privato a livello nazionale ed europeo, non fa che accrescere povertà e disuguaglianza in tutto il continente. Sulle norme fiscali, per esempio, l’82% dei componenti del gruppo che elabora raccomandazioni per l’Unione europea sulla riforma del settore fiscale appartiene al settore privato e commerciale».

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