Kiev: Mosca vuole invaderci Il Cremlino respinge l'accusa

Il presidente ucraino Petro Poroshenko teme una nuova massiccia offensiva dei separatisti. E - intervenendo in Parlamento all’indomani dei feroci scontri che ieri hanno riacceso il conflitto nel Donbass - avverte che le forze armate di Kiev devono «essere pronte» a difendersi da una «invasione su larga scala lungo tutta la frontiera con la Russia».

Anche perché - denuncia Poroshenko - nel sud-est ucraino ci sono «oltre 9.000» soldati russi che combattono al fianco dei ribelli e «la concentrazione» delle truppe di Mosca «a ridosso del confine è aumentata di una volta e mezzo rispetto a un anno fa».
Con la guerra è riesploso anche lo scambio di accuse tra Mosca da un lato e Kiev e i suoi alleati occidentali dall’altro.

Il Cremlino continua a negare la presenza di propri militari nel Donbass e accusa a sua volta le autorità ucraine di aver provocato il recente inasprimento del conflitto per «destabilizzare la situazione» ed esercitare pressioni su Bruxelles in vista del prossimo vertice Ue questo mese in cui potrebbero essere prolungate le sanzioni contro la Russia per la crisi ucraina. «Anche prima, - ha tuonato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov - in vista di importanti eventi internazionali, la parte ucraina aveva compiuto azioni di questo genere». E intanto gli Stati Uniti - dopo aver minacciato «nuovi costi» per la Russia per le sue «responsabilità» nel conflitto - annunciano che nei prossimi giorni al G7 di Berlino Obama ribadirà «l’importanza di mantenere le sanzioni» contro Mosca.

I combattimenti di mercoledì attorno a Marinka e Krasnogorivka - due cittadine controllate dai governativi a 15-20 chilometri dalla roccaforte separatista di Donetsk - fanno vacillare pericolosamente la già fragile tregua siglata a metà febbraio e che, pur non avendo mai spento del tutto il conflitto, è almeno riuscita a contenerlo per alcuni mesi.

Se la Russia punta il dito contro le forze armate ucraine, le autorità di Kiev accusano a loro volta i separatisti di aver attaccato ieri prima dell’alba Marinka con carri armati e pezzi di artiglieria. I ribelli negano di essere stati loro a dare inizio alle ostilità. Ma in un rapporto pubblicato ieri sera gli osservatori dell’Osce fanno sapere di aver notato «lo spostamento di un gran numero di armi pesanti all’interno del territorio controllato» dai separatisti, soprattutto «verso ovest, vicino Marinka, sia prima che durante i combattimenti».

Si tratta di un’evidente violazione degli accordi di Minsk, che oltre alla tregua prevedono - tra le altre cose - il ritiro dal fronte di cannoni, carri armati e missili in modo da creare una zona cuscinetto. Anche le truppe ucraine hanno riportato le proprie armi pesanti sulla linea di fuoco, sostenendo di esservi state costrette per respingere l’attacco dei ribelli e di «aver avvisato tutti i partner internazionali». E la Bbc denuncia che hanno anche fatto ricorso ai micidiali quanto imprecisi missili Grad.

Decine di persone hanno perso la vita nei combattimenti e nei bombardamenti che mercoledì hanno dilaniato il sud-est ucraino facendo temere all’Unione europea «una nuova spirale di violenze». Per i separatisti dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, almeno cinque civili e 16 miliziani sono morti nei territori da loro controllati. Ma un’altra fonte dei ribelli riferisce di sei civili morti. Kiev ha invece reso noto che i caduti tra le file del suo esercito sono stati cinque. E almeno altri tre civili sono stati uccisi a Marinka, uno a Yenakiyeve, e infine due nella regione di Lugansk. Si allunga così tragicamente la scia di sangue causata dalla guerra in Ucraina, dove hanno finora perso la vita più di 6.400 persone.

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