Sciopero generale, adesione al 60%. Renzi: non cambio linea

Oltre un milione e mezzo di persone tra lavoratori, pensionati, studenti e precari ieri è sceso in 54 piazze per lo sciopero generale di Cgil e Uil. I sindacati fanno i conti della giornata straordinaria che segna «un passaggio cruciale della mobilitazione contro le scelte sbagliate del governo, per un cambiamento vero», a partire dal Jobs act, «che toglie ancora un po' di potere ai lavoratori per darlo alle imprese», e dalla legge di stabilità, «priva di misure concrete per rilanciare l'economia». L'adesione media allo sciopero generale è stata superiore al 60%, sempre secondo i dati di Cgil e Uil.

Ma in serata arriva, secca, la replica del premier Matteo Renzi: «Massimo rispetto per chi sciopera, ma non sono tipo da farmi impressionare. C'è un Paese da cambiare e lo cambieremo. Non ci facciamo impressionare: a testa alta andiamo avanti nell'unica direzione possibile per salvare l'Italia". E "da domani si torna a lavorare sempre fianco a fianco con i sindacati per le crisi aziendali, ma quanto alla valutazione sulle leggi, le leggi si fanno in Parlamento: non siamo un governo che cambia opinione perché c'è una piazza».

Una giornata, comunque, che ha bloccato il Paese, accompagnata da nord a sud dallo slogan «Così non va».

La mobilitazione ha segnato il mondo dei trasporti, dopo il dietrofront del governo che prima aveva stabilito di precettare i ferrovieri ma poi, di fronte alle denunce sindacali circa «una grave limitazione del diritto di sciopere» e - a quanto pare - a un intervento addirittura del presidente della Repubblica interpellato dalla leader della Cgil, ha deciso di non calcare la mano e ha ritirato il provvedimento che era stato disposto dal ministro del Nuovo centrodestra Maurizio Lupi. Un centinaio i voli cancellati (oltre 300 solo a Fiumicino) e molti i treni non garantiti o fermi (in media il 50%), metro chiuse e autobus in deposito (oltre il 70%, con punte del 90%). Traffico rallentato, se non in tilt, nelle città principali, mentre i cortei sono sfilati per lo più senza problemi.

Alcuni scontri si sono registrati a Torino, Milano e Roma, non nell'ambito delle manifestazioni sindacali ma di cortei paralleli promossi da gruppi di autonomi e da movimenti per la casa. Episodi di violenza che la Cgil "condanna con fermezza", che non sono "associabili alle pacifiche manifestazioni" del sindacato. Proprio da Torino, al termine della sua visita alla città, è arrivato il richiamo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al "rispetto reciproco" tra le prerogative di governo e sindacati: "Non si vada ad una esasperazione come quella di cui oggi abbiamo il segno". Senza entrare "nel merito delle ragioni degli uni o degli altri", lo sciopero generale è "segno senza dubbio di una notevole tensione tra sindacati e governo", ha detto ancora il capo dello Stato, auspicando quindi "la via di una discussione pacata".

In piazza, Cgil e Uil hanno portato le loro ragioni. "Continueremo a contrastare le scelte sbagliate del governo" per avere una prospettiva di lavoro in questo Paese", che è la vera "emergenza": un lavoro di qualità, di diritti e di tutele, ha insistito dal palco di Torino, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in corteo con cappotto e borsa rossi "il copyright del colore è nostro", ha scherzato.

"Oggi fermiamo l'Italia per farla ripartire nella direzione giusta", ha detto il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, dal palco di Roma, replicando anche al premier Matteo Renzi: "Noi veramente vogliamo cambiare l'Italia, non a parole". E assicurando che "non ci rassegniamo: faremo la nuova Resistenza contro coloro che pensano di poter fare a meno dei sindacati". Ma "caro presidente del Consiglio - si è rivolto ancora a Renzi - ci stupisca, ci convochi e discutiamo del futuro del Paese". È "una scelta del governo se continuare a provare a innescare il conflitto oppure discutere. Deve essere chiaro che noi non ci fermiamo", ha insistito Camusso, tornando a dire basta con "i dilettanti allo sbaraglio".

Nel mirino anche il Garante per gli scioperi, dopo il braccio di ferro sulla precettazione dei ferrovieri, prima ordinata e poi revocata da Lupi, a fronte di una rimodulazione dello stop dei treni (da otto a sette ore oggi e poi nel weekend). Che non è bastata: lo sciopero nel settore ferroviario "resta in violazione delle regole" e saranno valutate eventuali sanzioni, ha detto il presidente della Commissione di garanzia per gli scioperi, Roberto Alesse.

"Più che essere un Garante, è un partigiano che fa le parti non nostre", ha attaccato Barbagallo, sostenendo che "è stato strumentalizzato", non escludendo l'ipotesi di dimissioni ("dovrebbe trarne le conseguenze"). Sul tema precettazione ha dato una lettura anche il premier: "Ieri siamo intervenuti perché il sacrosanto diritto di sciopero doveva essere garantito: non precettare i lavoratori "era da parte mia un dovere, non una concessione".

"Non ci fermiamo, Renzi può mettere tutte le fiducie che vuole, anche una al giorno, la lotta continuerà", ha garantito il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. Il sindacalista bresciano, da molti indicato come uno dei principali interpreti di una politica di sinistra alternativa alla linea renziana, considerata dai critici più affine a visioni neoliberali più che socialdemocratiche, ha sollecitato nuovamente il governo a batter eun colpo sulle visioni industriali per il Paese: "La priorità - ha detto - non sono i provvedimenti per cambiare le norme del mercato del lavoro, che pure servono e noi abbiamo qualche idea che il govenro non ascolta. La priorità è ridisegnare un progetto industriale per l'Italia: capire che cosa dovremo produrre in futuro per far ripartire l'economia".

Ai diversi cortei hanno partecipato anche il leader di Sinistra ecologia e libertà, Nichi Vendola, ed esponenti delle minoranze Pd, come Stefano Fassina, Gianni Cuperlo, Alfredo D'Attorre e Pippo Civati.

Da Bari l'appello di Massimo D'Alema, poi contestato dai manifestanti: "La situazione del Paese è grave e spero che il governo ascolti la piazza".

Dal governo la replica del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: "Ascoltiamo la piazza ma siamo intenzionati ad andare avanti con l'attuazione delle riforme, non possiamo permetterci un colpo di freno, oggi l'Ue ci chiede di essere coerenti con gli impegni".

Intanto oggi "abbiamo bloccato Roma, il Paese", hanno detto dal palco gli organizzatori. Non senza un messaggio, infine, alla Cisl, non in piazza con Cgil e Uil: "Ci dispiace che non ci sia", ha detto Camusso, ma la battaglia è anche per loro.

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