«Sì» alle adozioni gay: la storia di Simona e Gloria

La piccola Zoe, nata nove mesi fa, è la loro gioia. Per lei hanno deciso di convolare a nozze all’estero, visto che in Italia la legge non lo consente. E ora, dopo aver saputo che il Tribunale per i minorenni di Roma ha consentito l’adozione del figlio di una coppia lesbica da parte del genitore non biologico, hanno deciso di intraprendere lo stesso percorso

La piccola Zoe, nata nove mesi fa, è la loro gioia. Per lei hanno deciso di convolare a nozze all’estero, visto che in Italia la legge non lo consente. E ora, dopo aver saputo che il Tribunale per i minorenni di Roma ha consentito l’adozione del figlio di una coppia lesbica da parte del genitore non biologico, hanno deciso di intraprendere lo stesso percorso.


Simona Murgia, 31 anni, vive con la sua compagna Gloria, 29, in un paese del bresciano. Si conoscono da circa undici anni e convivono da quasi nove, con il beneplacito delle rispettive famiglie. Ma quando hanno deciso di avere un figlio e ci sono riuscite, grazie alla procreazione assistita eterologa alla quale si è sottoposta a Copenaghen la più giovane delle due, hanno pensato che era giunto il momento di mettere nero su bianco il loro impegno d’amore. «Ci siamo sposate in Danimarca, perché in Italia non potevamo farlo, un anno fa, il 19 agosto 2013. La decisione di sposarci è stata dettata proprio dalla gravidanza di Gloria, ci sembrava una tutela in più sia per noi due che, soprattutto, per la bambina».


Simona e Gloria fanno parte dell’associazione «Famiglie arcobaleno» e i legali dell’associazione consigliano alle coppie omosessuali con figli di sposarsi, per poter poi utilizzare il certificato di matrimonio per rivendicare la genitorialità in caso di problemi o di morte del genitore biologico. «Ci hanno detto che è bene avere una «traccia» della storia della coppia, per poter dimostrare a un giudice l’esistenza del rapporto di coppia e genitoriale. Con un matrimonio si dimostra che la coppia è consolidata» spiega Simona. «La paura più grande quando abbiamo deciso di avere un figlio era sicuramente legata alla situazione delle coppie omosessuali in Italia. Il pensiero che se succede qualcosa il figlio, e anche il partner, non sono tutelati. Speriamo che ora la presenza dei figli aiuti il legislatore a prendere atto della nostra esistenza».


La piccola Zoe è nata in Italia. E le neomamme non hanno avuto alcuna difficoltà nel loro contesto sociale: «il vicinato, le scuole, gli amici e i familiari non hanno mai avanzato perplessità o critiche. Siamo fortunate, non sempre è così. Non abbiamo mai avuto problemi, anche l’inserimento della bimba al nido è filato liscio. E il Comune ci ha aiutato con la burocrazia, ci hanno dato suggerimenti. La nascita della piccola è stata accolta con gioia dalle nostre famiglie, quella del matrimonio un pò meno, i genitori di Gloria hanno avuto difficoltà ad accettare le nozze, ma alla fine tutti a festeggiare, si è risolta bene».


La sentenza di Roma, per Simona, «è storica e fa sperare, anche se ovviamente bisognerà vedere se il legislatore, come ha promesso, si attiverà». Nel frattempo, le giovani mamme hanno deciso di percorrere la stessa strada della coppia romana: «ci muoveremo con i nostri avvocati, sempre che lo Stato non si muova prima. Renzi aveva promesso che a settembre avrebbe preso in mano legge. Vedremo».

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