Roncegno, dolore per la scomparsa di Stefano Il papà ricorda il ragazzo morto sul lavoro

«Se lo sentiva, se lo sentiva che prima o poi sarebbe successo qualcosa».

Cerca di trattenere le lacrime papà Claudio Colleoni, ma ad un certo punto non può che cedere: l'argine del contegno è troppo debole di fronte al peso della perdita di un figlio. Di 22 anni. Stefano Colleoni, che ieri mattina è morto all'ospedale Santa Chiara di Trento dopo che nella tarda serata di giovedì era stato schiacciato da pesanti pannelli in legno all'interno dello stabilimento in cui lavorava.

«Glielo dicevo spesso di lasciar perdere, di licenziarsi. Niente, lui era troppo rigoroso, voleva prima finire di pagare la macchina». Erano andati a cercarla assieme, Claudio ed il suo Stefano: avevano iniziato a girare a caccia dell'usato giusto, ne avevano visti tanti, finché il ragazzo aveva deciso per quella Golf bianca che ieri era già di nuovo nel cortile della bella casa di via Ciocca, lungo la strada che da Marter sale a Roncegno. È andato Claudio a recuperarla a Castelnuovo, ieri mattina.

«Era alla XLam Dolomiti da nemmeno un anno, aveva iniziato il 18 dicembre dell'anno scorso - ricorda ancora Claudio - e voleva rimanere almeno fino al maggio prossimo, per poter estinguere il piccolo mutuo che aveva aperto per l'auto».

Per questo non c'era verso di convincerlo a mollare quell'impiego «con orari non certo agevoli e con i rischi che si possono trovare in un capannone industriale. Solo la settimana scorsa era arrivato a casa e mi aveva detto: "sai papà, stavolta ho rischiato di farmi male". Del resto in quella fabbrica non fanno semplici pannelli, fanno pareti intere di legno, roba da dodici metri e spesse venti, trenta centimetri. Faceva spesso la sera o la notte e capitava che si ritrovassero anche solo in due o tre a gestire tutto lo stabilimento. Ma voleva finire di pagare i suoi debiti. Non c'era verso di convincerlo a lasciar perdere» spiega ancora Claudio Colleoni, senza alcuna volontà di lanciare accuse - già ieri i fratelli Paterno, titolari della XLam, affranti, hanno fatto visita ai Colleoni - ma cercando di sfogare la sua indicibile sofferenza.

Nonostante tutto, però, Stefano metteva sempre entusiasmo in quel che faceva: il suo lavoro lo rendeva orgoglioso. Solo qualche giorno fa, quando in ditta avevano ultimato la base in legno destinata a sorreggere il grande albero destinato a piazza San Pietro a Roma per il Natale in Vaticano, aveva voluto apporre la sua firma in un angolo della struttura che aveva contribuito a realizzare.

Prima di approdare alla XLam, Stefano aveva lavorato anche in paese, a Roncegno, dove aveva fatto il lavapiatti a Villa Flora, una delle maggiori strutture ricettive del centro termale: «Dopo la scuola aveva subito iniziato a lavorare, era un ragazzo in gamba», ricorda ancora Claudio, prima che il dolore gli serri la gola strozzando le sue parole, sostituite da un pianto straziante.
Un dolore, quello del padre Claudio, che è anche quello di mamma Wilma e della sorella Jessica. Nel prato davanti alla casa di via Ciocca perfino Tabata, il cane di Jessica ma che adorava tanto anche Stefano, ieri pareva aggirarsi con lo sguardo smarrito.

Dolore ed incredulità che sono calate, a rendere ancora più triste la giornata grigia di ieri, su tutto il paese di Roncegno dove non c'era chi non conoscesse Stefano: «Era un amico, un grande amico», spiega Elisa da dietro il bancone del bar Tre Venezie di piazza Montebello. Una coetanea, segnata come tanti altri «coscritti» da una scomparsa, quella di Stefano, che ha segnato anche gli adulti. Anche chi da anni non lo vedeva più, come il suo vecchio professore di matematica al Degasperi di Borgo, Livio Peruzzo: «Era un ragazzo molto profondo per la sua età, e parliamo di sei anni fa, quando era solo sedicenne. Molto sensibile e attento ai nostri consigli: si faceva voler bene da tutti. Sapere che se n'è andato, così giovane, è sconvolgente». 

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