L'addio a Pino Russo

Maestro e filmmaker apprezzato da Ferlinghetti

di Renzo Maria Grosselli

Se n'è andato ieri, dopo che alcuni mesi fa era stato colpito da un male che raramente perdona, Pino (Agrippino) Russo, uno dei filmmaker più interessanti del panorama trentino. Ma anche un maestro elementare molto apprezzato che le sue ferie le usava, appunto, per girare dei film e che riuscì, con i suoi amati bambini, a girarne altri durante le ore di scuola.

Non aveva sessant'anni Pino e viveva a Levico Terme. «Sono nato a Mineo, Catania - diceva però con orgoglio - dove la patrona è S. Agrippina». Giunse a Trento coi genitori quando aveva sei mesi: il padre Mario era negoziante di pelletterie, mamma Manuela maestra elementare. Forse per questo lui frequentò le Magistrali: «Non mi interessava molto al tempo ma quando il maestro l'ho fatto davvero - ci disse un giorno - mi è parsa cosa magnifica». Avrebbe poi frequentato, quasi sino all'ultimo esame, Lingue orientali Pino Russo, anche perché l'India e l'Oriente, assieme alla sua famiglia e ai bambini a cui insegnava, erano altri suoi amori. Sposatosi con Susanne, ebbero due gemelli, Nicolas e Alessia. 

La scuola lo portò in molte sedi: Tezze, Olle, Castelnuovo, Levico. «Ho iniziato ad amare questo mio lavoro quando mi sono accorto che con i bambini è possibile creare, hanno la mente totalmente aperta». E il cinema. Nel 1999-2000, quando insegnava a Bieno, studiava coi ragazzi le leggende del Lagorai. «Conoscevo e ero stato in Himalaya dove si raccontano quasi le stesse leggende». Ecco allora il gemellaggio con una scuola di là, quella di Tabo, località dove il Dalai Lama si era rifugiato dopo essere fuggito dal Tibet. Con il grande fotoreporter trentino Giorgio Salomon andò là e registrarono uno speciale di 40 minuti per il Tg1. Prima aveva, da solo, girato «Le voci della montagna», coi suoi alunni. A Tabo poi sarebbe nato un secondo documentario, «Nel paese delle nuvole bianche», dopo che Pino aveva convinto la Provincia a finanziare la piccola scuola locale. 

Russo e Salomon avrebbero ancora lavorato insieme, nel 2005, per un documentario girato in Afghanistan, sulla condizione delle donne. Il titolo era «Yak Zaari». Ma molti lavori li avrebbe portati a termine da solo, come sceneggiatore e regista, spesso col montaggio del suo amico Diego Busacca. A scuola avrebbe girato nel 2005 «Le luci di Mascia» (dalla «Piccola fiammiferaia»), poi un film su don Mario Bebber, poi... l'anno scorso, un film in cui Pino Russo aveva fatto il co-regista e il montatore, «Il breve sogno di Campochiaro», fu selezionato dal Film Festival di Trento. 

Vinse anche alcuni premi coi suoi lavori Pino ma quello che forse lui ricordava con più piacere era «Una voce americana» (montaggio di Busacca), il racconto di tre reading che il grande poeta americano Lawrence Ferlinghetti tenne in Italia nel 2005. Un documentario che lui portò in California a Ferlinghetti, a cui era piaciuto molto. Perché Pino, oltreché un amante dell'India era stato (prima) un amante della Beat Generation, un uomo «on the road».

Un maestro e un filmmaker che non sarà dimenticato Russo (e un figlio, marito e padre, naturalmente). Un carattere deciso il suo ma, come conferma Giorgio Salomon, «un personaggio con molte idee. Bello girare insieme: discussioni ma sempre costruttive». I funerali di Pino Russo si terranno domani 24 giugno alle 15 partendo dalla chiesa arcipretale di Levico Terme. Un abbraccio e un arrivederci, Pino.

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