Villa-Rovereto, l'odissea di bici e pedoni

La testimonianza di una coppia di pendolari

di Enrico De Rosa

Arrivare a Rovereto in bici da Villa Lagarina, sulla Destra Adige, sembrerebbe una bella idea. A patto di non dover affrontare gimkane che costringono il ciclista a scendere dalla bici per alcuni tratti, marciapiedi con il bordo alto e auto che sfrecciano sulla rotatoria e sulla strada provinciale, rischiosa anche per gli studenti che escono da scuola e sono costretti a camminare sul bordo di via degli Alpini, sfiorati da auto e tir. Non solo, perché chi volesse percorrere di buon mattino la ciclabile della via Valdiriva dovrebbe rassegnarsi ad «una doccia al veleno», lo stesso usato per irrorare i filari di vigneti. Sergio e Silvana Pomarolli sono una coppia di coniugi sessantenni, dinamici e in piena attività, residenti a Villa Lagarina. Qualche anno fa hanno deciso, visto l’incentivo comunale, di usare le bici elettriche, il bike sharing, e di percorrere su due ruote il tragitto da casa a San Giorgio di Rovereto, dove lavorano. «Bisognerebbe intervenire per andare incontro a chi usa ogni giorno questo mezzo di trasporto - dicono sconsolati - considerato che dovrebbe essere un percorso abbastanza lineare e facile, ma che in realtà per pendolari come noi si è rivelato in più tratti essere piuttosto pericoloso».

La prima insidia, da Villa a Rovereto, è quella alla grande rotatoria all’uscita dell’A22, in cui non è segnata una pista ciclabile, e dove il punto più difficile è quello all’altezza delle immissioni delle auto provenienti da Nogaredo, dato che «gli automobilisti tendono a gettare lo sguardo lontano, non notando che a un paio di metri di distanza ci sono persone sulle bici». Il ponte sull’Adige, molto trafficato, è poi un altro percorso di sopravvivenza: «Qui un lato del marciapiedi è impraticabile poiché non è più largo di una quarantina di centimetri; sull’altro lato lo spazio invece ci sarebbe - precisano ancora - ma c’è l’obbligo di scendere dalla bici e portarla a mano, attraversando la strada senza le strisce pedonali e salendo sul marciapiede». Ma non è finita qui, perché la strada, una volta superato il ponte, si restringe e i margini per transitare con le due ruote diventano più difficili. E per arrivare da Sant’Ilario a corso Bettini non c’è una pista per le biciclette. «È vero che potremmo prendere via Valdiriva, dove all’altezza della caserma dei Vigili urbani c’è un semaforo per ciclisti e pedoni, ma allungheremmo la strada di circa due chilometri - continuano i coniugi Pomarolli - senza contare che durante la stagione sulla Valdiriva si irrorano i vigneti con il trattore e l’atomizzatore, che fa arrivare sul ciglio della strada il getto del veleno».

Infine, vita difficile in quest’area fra Rovereto e Villa Lagarina anche per i pedoni. «Durante l’anno scolastico gli studenti dell’Istituto Marconi, alla fine della giornata, imboccano via degli Alpini per raggiungere lo spiazzo del negozio “il Dado”, dove sostano i genitori con le auto. Ne vediamo però sempre meno - concludono - tutti a camminare sul bordo di via degli Alpini, in fila indiana, a poche decine di centimetri da auto e mezzi pesanti che passano a gran velocità».

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